Economia

Guerra, inflazione e Cina: le Borse in profondo rosso

Nel mondo i listini globali chiudono ai minimi degli ultimi due mesi, complice anche il rincaro del petrolio
Piazza Affari chiude in calo del 2,74% - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Piazza Affari chiude in calo del 2,74% - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Il mix esplosivo di guerra, inflazione e lockdown in Cina affonda le piazze finanziarie dall’Asia agli Stati Uniti passando per l’Europa, dove i listini chiudono sui minimi degli ultimi due mesi complice il calo del petrolio che appesantisce gli energetici.

Piazza Affari chiude in calo del 2,74% con lo spread che sale a 205 punti base mentre il rendimento dei Btp schizza al 3,22%, sui livelli del novembre 2018. L’ondata di vendite che si abbatte sui mercati azionari è legata all'azione delle banche centrali, che rapidamente si avviano a ritirare le misure di stimolo messe in campo per la pandemia nel tentativo di contenere l’inflazione, e agli investitori che frettolosamente fanno un passo indietro di fronte ai segnali di rallentamento della crescita. A preoccupare sono le notizie che arrivano dalla Cina dove i lockdown per il Covid iniziano a farsi sentire sull’economia facendo tremare il resto del mondo.

Il quadro

Le esportazioni cinesi sono rallentate significativamente in aprile salendo di un modesto 3,9%, in quella che è la prima crescita a una sola cifra da 18 mesi. Alla frenata di Pechino si sommano le incertezze legate alla guerra in Ucraina e agli effetti delle sanzioni. L’invasione ha accelerato la corsa dei prezzi a livello globale spingendo le banche centrali a intervenire in modo deciso nei confronti di un’inflazione ai massimi da 40 anni.

Per riportare stabilità nei prezzi la Fed si è lanciata nella campagna di rialzi dei tassi di interesse più aggressiva dal 1980 accompagnata da una rapida riduzione del bilancio, schizzato a 9.000 miliardi di dollari con la pandemia. Dopo aver alzato i tassi di un quarto di punto in marzo, la banca centrale americana li ha ritoccati di un altro mezzo punto in maggio e aperto la porta a una serie di rialzi da 50 punti base nelle prossime riunioni. La stretta, è il timore di economisti e investitori, rischia di far scivolare in recessione l’economia americana, non ancora completamente ripartita dopo la pandemia, o ancora peggio in stagflazione. Un quadro complesso in cui l’incertezza, maggiore nemico delle borse, prevale.

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Nel mondo

A Wall Street a pagare il prezzo più alto sono i tecnologici. Dopo una corsa durata due anni con il Covid, Big Tech non solo frena ma inchioda.

Da Meta a Google, da Apple ad Amazon tutti i grandi colossi accusano perdite pesanti. Cupertino e il gigante di Jeff Bezos perdono il 2,7%, Facebook l’1,68% e Twitter l’1,73%. «La volatilità del mercato mostra che c'è una grande incertezza su dove si pensa siamo diretti», affermano alcuni analisti preoccupati dalla Fed e dai limiti della sua azione nel combattere l’inflazione in un contesto di guerra in Ucraina che mette le ali ai prezzi dell’energia e di lockdown in Cina che rendono difficile un ritorno alla normalità delle catene di approvvigionamento.

Al calo delle borse si affianca quello del petrolio, con il Wti e il Brent che arrivano a perdere il 5%, e il tonfo del Bitcoin. La criptovaluta crolla ai livelli del luglio del 2021 scendendo sotto i 32.000 dollari e trascinandosi dietro le sue sorelle. «Con i timori di inflazione molti investitori stanno adottando un approccio per limitare i rischi che include la vendita di criptovalute e titoli azionari», mettono in evidenza gli osservatori. Per gli scettici del cripto il calo mostra come il Bitcoin non può essere considerato un bene rifugio: la valuta digitale ha perso quest’anno il 29% rispetto al -10% dei bond e delle azione e soprattutto rispetto al +2,5% dell’oro, il bene rifugio per eccellenza.

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