Economia

Giraudo: «Il dibattito sull'intelligenza artificiale è epocale»

Il docente di Geopolitica delle materie prime alle Grandes Écoles di Parigi sarà ospite il 4 maggio nella Sala Libretti del nostro giornale
Alessandro Giraudo - Foto New Reporter Comincini © www.giornaledibrescia.it
Alessandro Giraudo - Foto New Reporter Comincini © www.giornaledibrescia.it
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«Sa quali sono i tre indicatori della civilizzazione? La capacità di produrre temperature elevate, la mole di stracci fabbricati e la velocità delle informazioni». Tre rilevatori che probabilmente i maggiori istituti di statistica non contemplano per le loro ricerche sullo stato di salute della nostra società, ma che per il professor Alessandro Giraudo rappresentano un efficace termometro per capire in che direzione si sta muovendo il mondo.

Con «Quando il ferro costava più dell’oro» per i tipi di Add Editore, il docente di Finanza internazionale e Geopolitica delle materie prime alle Grandes Écoles di Parigi torna in libreria dopo il successo raccolto con i due volumi dedicati a «Storie straordinarie delle materie prime» (sempre per Add Editore).

Nel nuovo libro, che farà il suo debutto in Italia con la presentazione dell’autore nella sala Libretti del Giornale di Brescia giovedì 4 maggio (alle 17), Giraudo legge la storia come un cubo di Rubik in cui ogni tassello rappresenta una variabile: guerre, religioni, serendipità e coraggio non sono che gli elementi perennemente in movimento di un contrappunto senza fine.

Giraudo è un economista che va oltre i numeri e le statistiche e anche in quest’ultimo suo lavoro accompagna il lettore in un viaggio nella storia, incontrando figure mitiche, come Alessandro il Grande o Napoleone. Giraudo, come Carlo Maria Cipolla, con cui ha condiviso molti anni di studio, si incammina sulla strada che incrocia teorie economiche e fatti storici. Un esercizio che richiede una conoscenza approfondita degli avvenimenti del passato e parallelamente delle teorie e dei saperi economici.

«La capacità di produrre temperature elevata è stata ed è ancora uno dei criteri per valutare il livello tecnologico di una civiltà - continua il prof -: spiega il passaggio dall’Età della Pietra, in cui si raggiungevano i 300-400 °C, a quella del Bronzo con 1100 °C, fino all’Età del Ferro in cui si arrivò a toccare i 1500-1600 °C. Oggi la civiltà tecnologica ottiene temperature industriali elevatissime e temperature negative prossime allo zero assoluto, per non parlare della tecnologia scientifica, in grado di produrre un calore o un gelo intensissimo».

Ora si capisce perché ci fu un tempo in cui il ferro costava più dell’oro...

«Per produrre alte temperature serviva molta legna e furono disboscate foreste, necessariamente a prezzi altissimi»

Senta, a questo punto mi deve spiegare anche gli altri due indicatori.

«Ben volentieri, allora salga sul mio tappeto volante e facciamo finta di viaggiare nel tempo e nello spazio».

Sono pronto.

«Prima mi lasci dire ancora una cosa sull’Età del ferro...»

Prego...

«Oggi la tecnologia sta sconvolgendo gli equilibri fra i Paesi e le imprese con un impatto diretto sulla società. Ad esempio il dibattito sul nucleare e sull’Intelligenza artificiale mi ricorda tutte le lotte intorno allo stagno per la produzione di bronzo ed il passaggio dall’Età del Bronzo a quella del Ferro o intorno all’industria dei cannoni con le guerre per garantirsi l’approvvigionamento di rame, stagno, ferro e legname o lo spionaggio intorno alle conoscenze balistiche per manovrare l’artiglieria e le vicende intorno alla produzione della carta (vedasi la battaglia di Talas) e della stampa e la gestione ed il possesso delle informazioni ricordano molto i dibattiti attuali sul futuro dell’IA».

Ecco, appunto, com’era quella storia sulla velocità dell’informazione di cui parlava all’inizio?

«La velocità di un messaggio tra Roma e Londra (circa quattro settimane) è rimasta costante per oltre duemila anni. La velocità rappresentava un privilegio costoso, riservato a chi poteva permetterselo. Oggi, grazie a internet, tutti abbiamo a disposizione la stessa velocità: quella della luce».

In effetti nel suo libro scrive che il Papa seppe solo un mese dopo della scoperta dell’America e la stessa notizia arrivò a Istanbul con tre mesi di ritardo.

«Non solo: pensi che in Europa mais, patate e pomodori cominciammo a mangiarli trent’anni dopo la scoperta dell’America. Ad ogni modo, tutti quanti, dai re ai contadini, rimangono a bocca aperta di fronte alla grande notizia. I sovrani cercano di coglierne le implicazioni politiche, gli altri osservano l’arrivo di prodotti mai visti prima. Lo choc più grande, però, è la consapevolezza che è stato scoperto un nuovo continente grazie ad Amerigo Vespucci, cugino di Simonetta Vespucci, dipinta da Sandro Botticelli nella Primavera. Mi creda, spesso molti noi abbiamo davanti una nuova realtà e non sappiamo interpretarla. Succede anche a me, non glielo nascondo».

Mi sta dicendo che conoscere la storia può sicuramente essere d’aiuto in tal senso, no?

«Le rispondo con questa metafora: quando si è alla guida di un’automobile è necessario anche guardare nello specchietto retrovisore».

Veniamo dunque all’ultimo indicatore: la mole di stracci prodotti. A cosa si riferisce?

«Le guerre sono spesso analizzate privilegiando il coraggio dei soldati e le strategie belliche, ma ci sono importanti componenti di fondo: la disponibilità di armi, materiali, vettovaglie (io le chiamo informalmente "gli stracci") e mezzi di trasporto. Le legioni romane avevano un’organizzazione molto strutturata, la stessa che ha permesso lo sbarco del D-Day, e le guerre moderne mostrano che i militari sono anche "operai specializzati" capaci di far funzionare la tecnologia, che le guerre di trincea o di movimento richiedono grandi organizzazioni logistiche e che le complesse catene di approvvigionamento materiali sono determinanti».

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