Gandini Ingranaggi fa 50 anni e vince con la divisione race

Al Tourist Trophy, nell’isola di Man, corsa motociclistica su strada su un circuito di 60 chilometri e 720 metri in cui dal 1907 hanno perso la vita 207 ragazzi, quelli bravi vincono, quelli meno bravi vincono se evitano i muri e tornano a casa con mezzi propri. Quest’anno nella Lightweight primo è stato Michael Dunlop in sella a una Paton, moto italiana nata nel 1958 a Milano per la passione di Giuseppe Pattoni e Lino Tonti, la cui corona posteriore ed il pignone al cambio sono prodotti da un’azienda bresciana specializzata nella produzione di ingranaggi, la Gandini che da due anni ha una divisione race, anche grazie alla quale lo scorso anno il team lussemburghese Leopard, in Moto 3, ha vinto il campionato mondiale con Joan Mir.
Gandini Ingranaggi compie cinquant’anni e li festeggerà venerdì 14 in stabilimento: in realtà gli anni di vita dell’azienda sarebbero cinquantadue, ma nel 2016 il fondatore di questa piccola, ma efficientissima azienda di Castenedolo, il fondatore Ruggero Gandini non stava bene e per rispetto i figli Nicola, 47 anni, e Stefano, 50 anni, preferirono rimandare la festa del primo mezzo secolo (+2) di presenza sul mercato.
Gandini Ingranaggi è uno di quei molti esempi tipici di hydden captain bresciani, capitani nascosti che, come la Guardia Costiera parlano poco e lavorano tanto; i loro ingranaggi - che nascono partendo da materiale calandrato o forgiato - fanno parte di quella insostituibile catena del supply chain cui l’industria non potrebbe mai rinunciare. Perché si fa presto a dire «ingranaggio», meno presto si fa a costruirli quando partono da dimensioni di cinque millimetri di diametro (il più piccolo) per arrivare a 2,5 metri: in mezzo a questi due mini e maxi diametri ci sono i clienti della siderurgia, della meccanica, delle applicazioni speciali, dell’automotive, dell’eolico, delle macchine per il movimento terra, eccetera eccetera.
«Tutti prodotti realizzati con macchine italiane, acciaio italiano frutto di investimenti e della raffinata manualità dei nostri collaboratori. Dalla nostra azienda non esce nulla di stampato, è tutto lavorato», spiega Nicola Gandini. Domanda. Dalla siderurgia o dalle macchine movimento terra alle moto da corsa di strada ne corre.
Perché una divisione race? «Per diversificare - risponde Nicola Gandini - e perché sia io che mio fratello siamo appassionati di motociclismo, gentlemen drivers. Abbiamo iniziato così a produrre corone e pignoni, forniamo il team Sic 58 di Moto 3 che ricorda Marco Simoncelli, in superbike lavoriamo con Althea e le soddisfazioni non mancano».
Le corone della Gandini Ingranaggi sono realizzate dal pieno di una barra estrusa forgiata in lega di alluminio speciale e sono progettate per alleggerire la trasmissione, ridurre gli attriti e resistere così all’usura meccanica, testate prima di andare in pista su sotfware di collaudo. I pignoni sono realizzati in acciaio, con trattamento termico cementato e temprato. Prospettive? «Siano vicini a tre milioni di fatturato, nel 2019 siamo convinti di crescere di un 15%. Non dipende solo da noi - conclude Nicola Gandini - se non che noi ce la metteremo tutta».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato