Economia bresciana, per i grandi gruppi la sfida è la crescita

Il tema della crescita aziendale è sempre più cruciale: le sfide che le imprese devono affrontare presuppongono una dimensione o una forza maggiore, che permetta loro di sostenere i significativi investimenti necessari e di mantenere adeguati livelli di competitività.
Il concetto di crescita va inteso in senso ampio, non solo in termini quantitativi: ciò che assume rilievo è la capacità di porsi in modo adeguato verso il nuovo contesto economico, anche unendosi per alcune sfide che da soli difficilmente si vincono, quali l’innovazione, la ricerca e sviluppo, la doppia transizione, l’appartenenza a filiere internazionali. La modalità principale per lo sviluppo dimensionale è ricorrere alle acquisizioni esterne, che danno vita ai gruppi di imprese: vista quindi la loro crescente importanza, è interessante esaminare, con riguardo al nostro territorio, le peculiarità e l’andamento economico che li caratterizzano, prendendo come riferimento l’Inserto Bilanci del Giornale di Brescia, pubblicato a fine novembre 2024 (qui l’accesso al portale).
L’impatto
Tra le 1000 entità esaminate nel documento sopra citato, ci sono 179 gruppi che si possono definire «formali», cioè che pubblicano il bilancio consolidato, documento che rappresenta la loro situazione economica complessiva.
Per comprenderne la rilevanza è utile disporre di qualche parametro quantitativo (bilancio 2023) che esprime la loro incidenza sulle 1000 entità del report, senza considerare A2A vista la sua grande dimensione (i dati si riferiscono quindi a 178 gruppi). Essi generano 38,7 miliardi di euro di fatturato (53,2 con A2A), il 52,4% di quello complessivo, percentuale in crescita nel triennio. Producono, inoltre, il 53,6% dell’Ebitda e il 49,5% sia dell’Ebit sia dell’utile totale: l’incidenza dei valori reddituali è in calo rispetto al biennio precedente. Guardando i principali valori patrimoniali, il capitale investito incide per il 56,8% mentre i mezzi propri sono pari al 61% del totale: in questo caso le variazioni nel tempo sono minime.
La situazione economica
Nel 2023, il fatturato (tutti i valori non comprendono A2A), dopo la forte crescita del 2022 (+34,2%), ha subito un’evidente contrazione (-11,9%), anche se il valore rimane superiore a quello di inizio triennio: la riduzione caratterizza il 48% dei gruppi, un numero consistente. Ancora peggio fa l’Ebit, che perde il 27,4%, calo che si è manifesto nel 49,7% dei casi: solo il 39,3% ha incrementato sia le vendite sia l’Ebit. In base alle informazioni disponibili, parziali, l’83% dei gruppi vende all’estero e, di questi, il 57,1% per quote superiori alla metà del fatturato totale.
Il ridimensionamento dell’attività (anche il valore della produzione perde il 13,3%) non ha influito sul valore aggiunto rapportato alle vendite, che guadagna uno dei tre punti percentuali persi lo scorso anno, collocandosi al 22,7%. Questo non è però stato sufficiente per bloccare il percorso riduttivo dell’Ebitda, la cui incidenza sulle vendite è pari al 10,5% (12,1% nel 2021), dovuto al peggiore assorbimento del costo del lavoro, che passa dal 10,2% del 2022 al 12,2% del fatturato.
L’incidenza del lavoro
Il costo del lavoro complessivo è pari, nel 2023, a 4,7 miliardi: nel triennio, la crescita media annua è stata del 7,2%. Aumenta, anche se in misura inferiore (4,1%), il numero di collaboratori, che supera i 93.000 (quasi 107.000 con A2A), il 3,2% e l’8,3% in più rispettivamente del 2022 e di inizio triennio: nel 2023, il 32% dei gruppi aveva più di 500 dipendenti (il 54% più di 250).
L’effetto complessivo sugli indicatori di redditività, considerato anche il contenuto incremento del peso degli ammortamenti, è però negativo. La redditività del capitale investito, che esprime il rendimento di tutti gli investimenti aziendali, scende dal 6,7% del 2021 al 6,2%, dopo l’8,5% del 2022. I segnali meno soddisfacenti provengono dal Ros, la marginalità sulle vendite, che passa dal 7,7% al 6,5% (con il 7,9% del 2022), mentre l’efficienza finanziaria nell’uso del capitale investito migliora, anche se in misura contenuta, rispetto a inizio triennio.
Cala il Roe
A presentare il calo più significativo è però il Roe, cioè la redditività dei mezzi propri, che perde quattro punti percentuali, passando dall’11,3% del 2021 (13,8% nel 2022), al 7,5%. Il 15,2% dei gruppi chiude in perdita, contro il 12,9% di inizio triennio.
In conclusione, il 2023 è stato connotato dal ridimensionamento dei risultati economici, con valori generalmente inferiori anche al 2021: si conferma, invece, l’ottimo grado di solidità, che permetterà ai gruppi di fronteggiare da una parte i risultati non soddisfacenti del 2024 e, dall’altra, un 2025 pieno di incognite.
Hanno collaborato Annamaria Birtalan e Chiara Bettinsoli
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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