Economia

Caso Timken, un altro schiaffo morale al sistema Brescia

Le analogie tra la chiusura dello stabilimento a Villa Carcina e la vicenda Invatec-Medtronic di Roncadelle e Torbole Casaglia
I lavoratori della Timken di Villa Carcina in presidio permanente - © www.giornaledibrescia.it
I lavoratori della Timken di Villa Carcina in presidio permanente - © www.giornaledibrescia.it
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La vicenda Timken ha molti aspetti in comune con un’altra vertenza sindacale che tre estati fa coinvolse centinaia di lavoratori della nostra provincia e costrinse il sistema-Brescia, ma non solo, a porsi un interrogativo rimasto ancora senza soluzione: perché le multinazionali (Whirlpool, Embraco, Gkn giusto per citarne alcune) disinvestono dall’Italia? Era il 7 giugno 2018, oltre trecento addetti impiegati negli stabilimenti Invatec di Roncadelle e Torbole Casaglia per conto della multinazionale americana Medtronic ricevettero l’inatteso annuncio della chiusura dei due siti produttivi.

Invatec-Medtronic operava nel comparto biomedicale ed era un gioiello del made in Brescia. Basti pensare che il bilancio 2017 riportava un utile di 20,2 milioni su un monte vendite di 72,5 milioni. Il gruppo Usa diede comunque mandato ai suoi manager per la cessazione di ogni attività nella nostra provincia entro due anni, dando massima disponibilità per un’eventuale reindustrializzazione delle sue fabbriche bresciane. «La decisione annunciata ai dipendenti - riportava una nota della multinazionale a stelle e strisce -, abbiamo preso questa decisione con l’obiettivo del miglioramento dell’efficienza complessiva in uno scenario globale sempre più competitivo».

Le analogie con il comunicato stampa diffuso ieri da Timken, sebbene esso sia più stringato, sono evidenti e strappano un sorriso amaro. Anzi. Risuonano come un torto per quei 106 dipendenti che da anni, sette giorni su sette, su tre turni di lavoro giornalieri prestano dedizione e impegno a favore del gruppo statunitense. Sono inoltre un altro schiaffo morale al sistema-Brescia, che si sta onerosamente adoperando per uscire dalla crisi Covid, seguendo gli allineamenti dettati dalle dottrine della «sostenibilità» e della «digitalizzazione».

Timken acquistò nel 1996 l’azienda di Villa Carcina (ex Gnutti Carlo fondata nel 1922) con un progetto ambizioso. Tant’è vero che nel giro di breve tempo aumentò la forza lavoro (fino a 155 dipendenti) e il sito di Cogozzo vanta ancora oggi un giro d’affari intorno ai 20 milioni di euro l’anno e un equilibrio economico-finanziario di tutto rispetto. Eppure non basta. Timken è pronta a liberarsi della storia e del patrimonio industriale concentrato in quella fabbrica valtrumplina dopo tanti anni, insomma, nonostante Brescia sia orgogliosamente tra le prime realtà manifatturiere europee, un’altra multinazionale chiuderà i battenti senza tanti convenevoli e lasciandoci confusi e risentiti davanti all’astrattezza di un progetto industriale che ci vede esclusi.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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