Brescia, le donne al lavoro guadagnano il 36% in meno degli uomini

L’Istat ha recentemente reso noti i dati relativi alla retribuzione oraria media in Italia dell’anno 2022, segnalando come le donne continuano a guadagnare di meno rispetto agli uomini. Il differenziale retributivo di genere medio (gender pay gap), è pari al 5,6%, con la percentuale che sale, anche di molto, nel caso dei lavoratori laureati, dirigenti e del settore privato. In Italia nel 2022, la retribuzione media oraria rilevata dall’Istat è stata pari a 16,8 euro per gli uomini e a 15,9 euro per le donne, con la media complessiva che è pari a 16,4 euro.
La diversa retribuzione tra uomini e donne inquadrati allo stesso livello è molto alta, circa il triplo, nel caso di laureati (16,6%) così come in quello dei dirigenti d’azienda, dove arriva al 30,8%. Netta la distanza tra quanto avviene nel privato e nel pubblico, con il gender pay gap che nel primo caso è al 15,9%, nel secondo scende al 5,2%.
In tema di retribuzione media lorda annua, il dato fornito dall’Istat è di 37.302 euro con profonde differenze tra uomini e donne. Le lavoratrici dipendenti guadagnano 6mila euro in meno dei lavoratori (33.807 euro lordi contro 39.982).
Il focus su Brescia
Su scala bresciana i preziosi dati degli Osservatori dell’Inps ci permettono un’analisi relativa alle retribuzioni medie percepite nel 2023 distinte per genere per posizione lavorativa prevalente, considerando sia i lavoratori dipendenti che quelli indipendenti. Alla fine dei conti, per farla semplice, la media delle retribuzioni annue dei lavoratori maschi bresciani, dipendenti e indipendenti, nel 2023, supera di 9.527 euro quella delle lavoratrici, con uno scarto percentuale del 36%.
In altri termini i maschi percepiscono mediamente redditi da lavoro di oltre un terzo superiori a quelli delle femmine. Questo è quanto emerge sulla base dei dati che considerano il divario retributivo di genere come la differenza tra il salario annuale medio percepito dalle donne e quello percepito dagli uomini. Ovviamente si tratta di valori complessivi medi che, per gli uomini sono nell’ordine dei 30.550 euro a fronte dei 21.023 delle donne.
Le ore lavorate
Il differenziale che si rileva considerando, come nel nostro caso, il monte delle retribuzioni è dovuto sostanzialmente alla differenza del numero di ore lavorative poiché le donne, in media, lavorano meno ore al giorno rispetto agli uomini. Le ragioni del divario sono legate a fattori sociali ed economici trai quali rientrano certamente la maternità e i congedi parentali, ma soprattutto la maggiore precarietà del lavoro femminile e il maggiore ricorso al part time, spesso involontario.
Nel quadro provinciale, riferito al 2023, estratto dai dati degli Osservatori dell’Inps, il gender pay gap è netto in tutte le posizioni lavorative, con qualche rara eccezione. Restando alle posizioni lavorative più frequenti, su base annua, la differenza di retribuzione supera i 10mila euro per i 419mila dipendenti privati (10.256 euro in più per la media degli uomini rispetto alla media delle donne), vale 9.831 euro per gli oltre 57mila lavoratori dipendenti pubblici, 5.818 euro per gli oltre 37mila commercianti, 6.765 euro per i quasi 37mila artigiani, 8.307 euro per oltre 12mila agricoli.
Unica eccezione rilevante quella dei 13mila lavoratori domestici, per i quali la retribuzione media annua delle donne supera quella degli uomini anche se di soli 8 euro. Se, nel complesso delle diverse posizioni lavorative, il gap tra le retribuzioni medie dei maschi e quelle delle femmine è nell’ordine del 36%, questo differenziale sale al 62% per gli operai agricoli, al 40% per i dipendenti privati mentre è relativamente più basso per i dipendenti pubblici (29%), gli artigiani (24%) e i commercianti (22%) e si azzera, tra le categorie più numerose, solo per i lavoratori domestici.
Inattive
Il vero gap per la nostra provincia è la differenza di genere nelle persone a salario zero. Le persone inattive, cioè quelle che pur essendo in età lavorativa non sono occupate né disoccupate ma sono fuori del mercato del lavoro, non sono ugualmente rappresentate nei due generi: la loro quota, nella popolazione da 15 a 64 anni, è pari al 21,4% per la componente maschile ma sale fino al 40,8% per la componente femminile.
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