Economia

Aziende energivore, col rincaro del gas la bolletta sale di 377 milioni

Queste le stime di Confindustria, se il valore si conferma a 50 euro al megawattora per tutto il 2025
Le aziende energivore perdono competitività per via degli alti costi dell'energia © www.giornaledibrescia.it
Le aziende energivore perdono competitività per via degli alti costi dell'energia © www.giornaledibrescia.it
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Nessuna manifattura può reggere l’impatto di un prezzo dell’energia più alto di quello pagato dai concorrenti. L’incubo per l’industria bresciana, tra le più energivore d’Italia, è tornato a materializzarsi in questo 2025, alimentato dallo stop del gas russo attraverso l’Ucraina.

Nei giorni scorsi – per la prima volta da ottobre 2023 – sul mercato di riferimento di Amsterdam, il prezzo del gas ha superato i 50 euro al megawattora (ieri la quotazione si è attestata intorno ai 47 euro).

Previsioni

I conti del possibile «salasso» li ha messi nero su bianco l’Ufficio Studi di Confindustria Brescia: se ipotizziamo che i prezzi registrati in questa prima parte dell’anno vengano confermati per tutto il 2025, le imprese bresciane dovrebbero pagare una bolletta di 1 miliardo e 565 milioni, ovvero 377 milioni in più rispetto alla mastodontica cifra pagata nel 2024 (1.188 milioni). Un valore superiore anche rispetto a quanto registrato nel 2023 (1.399 milioni); in netta flessione rispetto ai folli prezzi registrati nel 2022 (3.816 milioni); ma in forte rialzo rispetto alle bollette pre-pandemiche (586 milioni nel 2019 e 726 milioni nel 2018).

Il raffronto con l’Europa

Il nodo centrale resta quello della competitività. Le imprese bresciane pagano infatti un prezzo dell’energia elettrica sistematicamente superiore rispetto a quello dei principali Paesi europei. Nel 2024 – sempre secondo lo studio di Confindustria Brescia –, il prezzo spot rilevato in Italia si è attestato sui 109 euro al megawattora, valore che era il 108% più alto di quanto pagato in Francia, il 44% più alto della Germania, il 184% maggiore rispetto a quanto pagato dalle aziende dell’Area Scandinava, ma anche il 92% in più della Spagna, il 45% in più dell’Austria e il 56% in più della Svizzera.

«Questo gap sistematico di competitività è diventato insostenibile, soprattutto per le aziende energivore – dichiara Giovanni Marinoni Martin, presidente del settore Metallurgia di Confindustria Brescia e vicepresidente di Ori Martin –. A rischio non sono solo le acciaierie o le fonderie, ma l’intera filiera con pesanti ricadute in termini di occupazione». E ancora, «temo problemi sociali nel breve periodo: i sindacati si stanno muovendo per organizzare una protesta a Bruxelles il 5 febbraio, mi auguro che anche la politica europea reagisca velocemente».

Da ripensare

Secondo il presidente Marinoni Martin produrre in Europa, ed in Italia in particolare, è diventato troppo costoso. «Abbiamo fatto grandi investimenti nella sostenibilità, i prodotti sono più ecologici, ma non competitivi a livello globale – spiega –. La Germania sta gradualmente chiudendo le centrali nucleari; si dice no alle centrali a carbone. L’Europa ha fatto una scelta ideologica e politica: bandire le fonti fossili ed ora siamo in balia dei venti, non abbiamo una linea chiara. Vogliamo puntare sulle rinnovabili, consapevoli che non bastano all’industria».

C’è una via d’uscita? «L’incremento della regolamentazione e dei costi ambientali, imposti dall’Europa ha reso la produzione industriale troppo onerosa – ribadisce Marinoni Martin –. Il Green Deal va rivisto, il Fit For 55 va abbandonato; e poi bisogna togliere le multe ai produttori di auto. Sarà un processo lungo da attuare, ma da intraprendere per salvare la manifattura».

E in attesa come muoverci? «In attesa l’Europa deve mettere i dazi alle importazione di tutti quei prodotti che non rispettano le norme per l’ambiente».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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