Ancora criptovalute, ma il caso Blackstone preoccupa di più

Ancora su bitcoin e criptovalute. La settimana scorsa si parlava di Ftx, azienda che raccoglieva soldi fra gli americani (ma non solo) per investirli in criptovalute. Un patatrac da 26 miliardi. E si argomentava circa la non regolamentazione di questi mercati e quindi della necessità non di stare attenti a metter soldi in queste avventure (perché di questo trattasi), ma attentissimi.
Il ragionamento era e resta semplice: ad oggi questi mercati assomigliano più a sale da gioco - o casinò, come Massimo Panarari ha scritto sul Giornale di Brescia - che a mercati veri e propri. Vanno su e giù con logiche che nulla hanno a che fare con l'andamento dell'economia. Dodici anni fa il bitcoin valeva 10 dollari, ad aprile dello scorso anno ne valeva quasi 65mila. Naturalmente c'è chi si è fatto ricchissimo e chi, sull'altalena, ci ha lasciato le penne. Questo dunque si intende dire quando serve super-cautela: se la prendete come una fiche da mettere al tavolo da gioco può andarvi bene, sapendo che comunque è il tavolo che vince sempre. Magari a voi va bene ma, nel complesso, è il casinò che vince sempre.
Ribadisco il concetto perché un lettore di «Fritto Misto» mi ha scritto alzando il sopracciglio: lo ringrazio dell'attenzione ma non volevo assolutamente dire (come non ho detto) che bisogna diffidare sempre delle novità perché altrimenti saremmo all'età della pietra. Ho scritto, e ribadisco, che su certe cose bisogna essere super cauti, bisogna conoscere il rischio che si corre. Dopo di che mille euro li potete rischiare, esattamente come potreste fare (se proprio vi avanzano mille euro) al casinò.
Chiudo su bitcoin e criptovalute in genere, faccio una segnalazione certamente più sostanziosa. È dell'altro ieri la notizia battuta dalle agenzie che il gruppo Blackstone ha congelato un suo fondo, un fondo immobiliare da 69 miliardi. Blackstone è una società che gestisce fondi di investimento. Per meglio dire: è la società per eccellenza, fra le più grandi al mondo (americana, naturalmente) con patrimoni in gestione che si misurano in trilioni, ovvero migliaia di miliardi di dollari.
Il fondo in questione è un Reit (real estate investment trust, cioè un fondo immobiliare). Meccanismo semplice: i Reit raccolgono soldi da risparmiatori e investitori, comprano immobili che affittano e con gli affitti distribuiscono cedole ai sottoscrittori. In questi mesi, come noto, la banca centrale americana ha alzato i tassi con effetto, in particolare, sul mercato immobiliare. Da qui la decisione di molti sottoscrittori del fondo Blackstone di chiedere il riscatto di quanto versato. Ma qui è nato il problema: quelli che chiedono il riscatto sono di molto superiori a coloro che sottoscrivono nuove quote. Ed ecco lo stallo: un meccanismo automatico ha bloccato il rimborso delle quote chieste a riscatto. Adesso si tratterà di vedere come la storia andrà a finire.
Ci si fa forti della serietà di Blackstone e quindi ovviamente si spera in bene. Ma c'è chi rammenta che anche Lehman Brothers (2008) 48 ore prima di dichiarare fallimento aveva la tripla A sulle proprie obbligazioni. Facendo i dovuti scongiuri, ci si sente la settimana prossima.
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