All’Inps di Brescia manca personale: servizi a rischio

Anche l’Inps di Brescia soffre per la continua ed ormai endemica carenza di personale. A lanciare l’sos è il Comitato provinciale dell’Inps, presieduto dal neo eletto Luigi Ducoli, che nei giorni scorsi ha assunto un ordine del giorno approvato da tutti i componenti e inviato ai vertici nazionali e regionali dell’istituto stesso.
L’ordine del giorno palesa la preoccupazione relativa alla forte riduzione dell’organico della direzione provinciale di Brescia, passata da 324 addetti del 2019 ai 248 di oggi, con l’imminente uscita, peraltro, di ulteriori 40 unità e a fronte di «sole» 21 assunzioni (da metà aprile, a seguito del relativo concorso). Ulteriori 71 ingressi, non ancora certi, si potranno invece realizzare ma per il momento con tempistiche non definite. Dunque, se pure andasse a regime l’immissione in servizio delle 92 unità previste, l’organico risulterebbe inferiore alle 300 unità, minore pertanto alla forza a monte di due concorsi banditi al fine di un rafforzamento delle strutture.
Se a questo si aggiunge che nel biennio 2023/24 molti dipendenti raggiungeranno i requisiti per il pensionamento e ciò comporterà una ulteriore riduzione della forza lavoro, il quadro delle possibili ripercussioni sul servizio offerto è chiaro.
I numeri della sede bresciana
«L’Inps rappresenta l’infrastruttura sociale più importante del Paese e nella nostra provincia assicura la gestione di 357.700 prestazioni pensionistiche previdenziali e assistenziali, ha liquidato nel solo 2022 quasi 30.000 pensioni a dipendenti privati e pubblici e ha garantito continuità di reddito ai disoccupati liquidando più di 36.000 prestazioni a seguito della perdita del lavoro», commenta Luigi Ducoli, che evidenzia come all’Inps di Brescia risultino iscritte più di 43mila aziende per un totale di 540mila dipendenti, oltre a circa 90mila lavoratori autonomi e 33mila iscritti alla gestione separata. Non solo.
Lo scorso anno, la sede di Brescia ha incassato più di 7 miliardi di euro per contributi correnti e da recupero crediti. Sempre nel 2022, i nuovi contratti di lavoro sono stati 177mila, dei quali soltanto il 18% a tempo indeterminato a fronte di 167.200 cessazioni e 26mila trasformazioni. «Da questi dati risulta evidente la dimensione particolarmente complessa della provincia, caratterizzata per estensione geografica e complessità economico-sociale - prosegue Ducoli -. Una non congrua disponibilità di risorse umane non potrà che influire negativamente sia sulla quantità del lavoro da assicurare che sui tempi di risposta ai bisogni dell’utenza».
Sulla stessa lunghezza d’onda la vicepresidente Rubina Nolli. «La progressiva erosione dell’organico ci induce anche a temere il rischio concreto di chiusura delle agenzie territoriali decentrate, che hanno garantito livelli ottimali di servizio anche nel periodo pandemico - tuona -. L’esperienza alle nostre spalle dovrebbe indurre i decisori politici, in primis i vertici romani dell’Inps, a creare le condizioni affinché il ruolo fondamentale di un sistema di welfare pubblico sappia rispondere in modo rapido ed efficace alle congiunture negative, oltre che ai bisogni ordinari di un territorio articolato e di una economia diversificata e complessa come quella bresciana».
Il fenomeno tratteggiato dal Comitato bresciano non è peraltro unico nel panorama nazionale: un analogo appello è stato lanciato dalla Cisl per l’Inps di Bergamo, che nel corso del 2023, tra pensionamenti e richieste di trasferimento gli uffici della «Previdenza Sociale» perderanno qualcosa come 70 di dipendenti a fronte di un ingresso, ancora non sicuro, di circa 40 vincitori dell’ultimo concorso.
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