Economia

Agroalimentare: per la Lombardia è attesa una crescita dei ricavi

Uno studio di Aib e Unicredit fa il quadro del settore
AA

L’agroalimentare italiano è sicuramente uno dei settori economici che ha maggiori prospettive di crescita nel prossimo futuro, ma sono ancora troppi i problemi di competitività del comparto.

Per questo motivo il Centro Studi di Aib ha organizzato, in collaborazione con l’ufficio Intelligence territoriale e settoriale di Unicredit, un focus group su agroalimentare, vino e packaging alimentare.

Ad introdurre l’incontro, lunedì pomeriggio nella sede di Brend a Palazzo Martinengo Colleoni, l’amministratore di Fonti di Vallio e consigliere del settore agroalimentare di Aib, Sergio Berardi, che ha sottolineato come «solo attraverso il punto di vista degli esperti è possibile prendere scelte imprenditoriali a lungo termine».

L’esperto, in questo caso, è il servizio di Unicredit che ha sviluppato un report di settore per i propri clienti affinché, come ha sintetizzato Ferdinando Natali, Area manager di Brescia, si consolidasse il concetto di «banca-partner aziendale».

«Per la Lombardia si attende una crescita dei ricavi superiore a quanto stimato per il resto del Paese ed anche la sostenibilità del debito migliora, seppur con minore intensità, mentre la redditività rimane stabile - ha affermato Riccardo Masoero di Unicredit Milano -: gli investimenti torneranno lievemente in positivo già nel 2015, per accelerare più decisamente nel 2016». 

«Per le imprese bresciane - ha continuato Masoero - abbiamo stimato una ripresa selettiva: il 6% delle imprese del nostro campione (con ricavi pari al 14% del totale) dimostra capacità di sviluppo coniugato con buoni livelli di marginalità e basso indebitamento, ma oltre il 72% delle imprese, pur evidenziano una buona solidità economica, non appare in grado di esprimere ritmi di crescita particolarmente significativi».

Proprio in questo contesto, nonostante le esportazioni abbiano trainato il settore agroalimentare, «il confronto internazionale rivela una debolezza competitiva che il successo del made in Italy non riesce a compensare - ha spiegato Luigia Campagna, sempre di Unicredit -: molti Paesi concorrenti hanno adottato diversi modelli che funzionano meglio, anche se alcuni settori dell’agroalimentare riescono a resistere ed attestarsi ancora su buoni livelli».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia