Cultura

Torey L. Haden: «Bimbi Ucraini: la guerra finirà, i ricordi no»

Parla la scrittrice americana, autrice di bestseller e psicologa sempre dalla parte dei più piccoli
Fiori e peluche sul luogo di una strage avvenuta a Vinnytsia in Ucraina - © www.giornaledibrescia.it
Fiori e peluche sul luogo di una strage avvenuta a Vinnytsia in Ucraina - © www.giornaledibrescia.it
AA

«Sarà impossibile per i bambini ucraini uscire da questa guerra senza ricordi traumatici. Una bimba di 5 anni, arrivata in Scozia con la mamma presso una famiglia che le sta ospitando (il padre è rimasto in patria a difendere la sua terra) ha detto: «Finalmente non devo preoccuparmi di essere uccisa quando mi sveglio al mattino». Se una bambina di 5 anni dice una simile frase, significa che il trauma s’è già insinuato nella sua vita».

Torey L. Hayden, scrittrice americana residente nel Regno Unito da tantissimi anni, parla da esperta del dramma che stanno vivendo i bambini ucraini. Insegnante nelle scuole speciali per ragazzi problematici, è una delle maggiori specialiste in psicopatologia infantile e segue con apprensione le tante notizie che arrivano dal fronte ucraino. «Il mondo istantaneo dei social media - specifica Torey L. Hayden - ci fa vedere l’impatto della guerra sulla popolazione civile, e ci fa capire il livello del dramma che sta vivendo l’intera Ucraina.

Un dramma, che non riguarda soltanto i bambini, ma anche tutti gli adulti. Ieri vivevano una vita normale, andavano al lavoro, a bere un caffè con gli amici, si preoccupavano di cosa cucinare per la sera, tifare per la squadra del cuore, e poi d’improvviso la normalità della vita quotidiana, non c’è più: l’unica cosa di cui devono preoccuparsi a rimanere vivi ogni giorno. Questo è traumatico per tutti, non solo per i bambini».

Su risvolti segreti, problemi e drammi della sua attività tesa al recupero di bambini e ragazzi in difficoltà, Torey L. Hayden ha scritto una decina di libri, tutti bestseller come «Una bambina», venduti nel mondo in 25 milioni di copie. Nell’ultimo, «La ragazza invisibile» (Corbaccio, 312 pp., 17 euro; ebook 11.99 euro) l’autrice racconta di Eloise, una teenager incompresa dalle assistenti sociali che la traghettano da una famiglia affidataria all’altra. La ragazza, che ha subito abusi e violenze e lotta per recuperare la sua serenità, comincia a dialogare con Torey L. Hayden, che prende a cuore la sua situazione. «Molti di questi ragazzini, se non tutti - commenta la scrittrice psicologa - vengono da famiglie disfunzionali e hanno subito tanti traumi nella loro vita. Questi ragazzi, che devono affrontare un cambiamento importante, mostrano segnali di difficoltà, di traumi ripetuti, che sono la base della loro problematica instabilità».

Cosa fa una psicologa per dialogare con loro?

La prima cosa da dimostrare è il senso di sicurezza. Devi far capir loro che sei una persona responsabile, soprattutto prevedibile, e che non causerai loro traumi aggiuntivi. Bambini adottati molto piccoli che venivano da un affido e avevano avuto un’infanzia molto traumatica, potevano creare non pochi problemi, perché avevano difficoltà nell’attaccamento reattivo. I bambini che soffrono di questo malessere, non hanno imparato a creare un legame affettivo con le persone che si prendono cura di loro.

Eloise ha subito degli abusi: come si riflette questo in lei e in genere in tutte le vittime di abusi?

I bambini soli sono più esposti agli abusi, perché sono un po’ spersonalizzati e questo li espone con più frequenza. Gli effetti di un abuso sono distruttivi a tutti i livelli. La gravità e l’impatto che esso ha sulla vita di una persona, dipende strettamente dal sistema di supporto che questa persona è riuscita a creare, o che riesce ad avere attorno a sé. Tutti risolviamo i nostri problemi se qualcuno ci ascolta. Eloise, quando riesce ad essere ascoltata e ad abbandonare lo stato d’angoscia, entrare in una famiglia e viverne le emozioni, diventa un’altra persona: riesce a lasciarsi il trauma alle spalle. Gli abusi non spariscono mai completamente, ma una ragazza mi disse che solo quando smetti di guardarti indietro smetti di combattere con il tuo trauma e cominci a guardare avanti. Questo vuol dire costruire la propria esistenza.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato