«Solo Coppi temo»: il dolce inno di Serse Cosmi a passione e libertà
L’inconfondibile vocione che ti aspetti, l’intimismo che invece ti sorprende. L’allenatore Serse Cosmi e la persona Serse Cosmi: ad assistere a «Solo Coppi temo», si scopre che il personaggio pubblico e l’uomo sono perfettamente sovrapponibili. Cosmi, già allenatore del Brescia a cavallo tra il 2007 e 2009, ha fatto tappa con il suo spettacolo al teatro «Santa Giulia» al villaggio Prealpino. Replicherà nella nostra provincia il 29 gennaio a Edolo e il 31 gennaio a Calcinato.
Lo spettacolo

Un leggìo, un pianoforte (al quale siede Giovanni Guidi), uno sgabello, uno schermo. Scenografia essenziale (con la regia di Alessandro Ricci Riccini). Ed è in effetti tutto quanto basta a mister Cosmi per mettere in scena quello che si configura come il racconto in capitoli della sua vita, ma che presto si trasforma in un delicato inno alla passione tout court oltre che nell’elogio degli «irregolari», ovvero coloro che perseguono i propri obiettivi senza rinunciare alla loro essenza. E non è un caso che «Ho sempre voluto essere libero: sono sempre stato attento a non trovarmi mai dove gli altri si aspettavano che io fossi».
Ed è proprio nel segmento dello spettacolo dedicato alla figura dell’ex giocatore Eric Cantona e dunque alla non convenzionalità, che ha trovato spazio un cameo – sotto forma di video messaggio realizzato ad hoc – dell’allenatore di Mompiano del Marsiglia Roberto De Zerbi: omaggio «alla brescianità più pura» e di conseguenza a una città alla quale Cosmi non manca di dichiarare amore anche attraverso il racconto – appositamente inserito per la tappa bresciana al pari del contributo di De Zerbi per una personalizzazione dello spettacolo – di aneddoti legati al suo rapporto con parte della tifoseria locale. «Non dimenticherò mai quando dopo la fine della mia avventura qui, due pullman arrivarono a Perugia solo per salutarmi».
Calcio e sentimenti
Lo spettacolo è uno snodo continuo tra calcio (verso il quale non mancano nemmeno bordate) e sentimenti. Un intreccio molto profondo, ad alto tasso di umanità, che propone e induce riflessioni (per questo il «racconto» è molto apprezzabile anche da chi non ha dimestichezza col calcio): pur ruotando tutto attorno a una storia personale, è possibile riconoscersi ed emozionarsi come in almeno un paio di occasioni capita a mister Serse stesso sul palco. Gli capita quando ricorda il fraterno amico Fabrizio morto di Covid e, prima di tutto, nell’omaggio – che poi è il perno dello spettacolo – a papà Antonio detto Pajetta prematuramente scomparso a 51 anni i cui sogni, desideri e valori sono stati realizzati o «vendicati» da un figlio di successo al quale impose il nome Serse in onore del fratello morto di Fausto Coppi «del quale siamo stati come una famiglia» seppur solo per via del tifo cieco di Cosmi senior per il «Campionissino». «Solo Coppi temo» (lo scrisse sulla fiancata della sua Ape grigia il signor Antonio) è una sorpresa.
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