Cultura

La scrittrice Hakuzwimana: «La scuola sia il luogo del confronto»

Nicola Rocchi
La bresciana è tra le curatrici dell’antologia «Leggere gli stereotipi» per la secondaria di primo grado
Oltre gli stereotipi - © www.giornaledibrescia.it
Oltre gli stereotipi - © www.giornaledibrescia.it
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Dieci testi estratti da opere di narrativa contemporanea per ragazzi, scelti per invitare al dialogo su «temi contemporanei irrinunciabili se si vuole attraversare il presente». È l’originale antologia per la scuola secondaria di primo grado «Leggere gli stereotipi» (Erickson, 232 pp., 23 euro), in libreria da domani, in vista dell’avvio dell’anno scolastico. Tra i temi affrontati vi sono il «razzismo di ieri e di oggi», i pregiudizi che influenzano linguaggio e comportamenti, l’intersezionalità, ossia il nostro essere composti di diverse identità che «si incrociano tra di loro e raccontano tutte un pezzetto di ciò che siamo».

Le autrici sono Alice Bigli, Luisa Montagnaro ed Espérance Hakuzwimana. A quest’ultima sono affidate le introduzioni ai testi: nata in Rwanda nel 1991, è cresciuta in provincia di Brescia e oggi vive a Torino. Con lei abbiamo parlato del volume.

La vostra antologia vuole aiutare gli studenti a cercare «quel punto esatto» che rende ognuno diverso e quindi unico?

Il tema della diversità è centrale, perché queste ragazze e ragazzi cominciano a farsi delle domande, vivono un momento di trasformazione, iniziano a cercare la propria identità. È importante poterlo fare mettendo al centro una realtà tangibile come la diversità. In ogni capitolo affrontiamo diverse esperienze: le questioni di genere e di privilegio, le «cose da femmine e da maschi», l’intersezionalità per comprendere come alcuni di questi aspetti possono ritrovarsi all’interno della stessa esperienza di vita. Parliamo di neurodivergenze, di famiglie omogenitoriali, e anche di un tema che io reputo importantissimo, quello della disuguaglianza economica, che proprio a scuola si comincia ad avvertire.

Come avete strutturato il libro?

Per ogni testo si è pensato a un approfondimento legato all’attività dei book club, i gruppi di lettura in classe, e dei laboratori. Ci sono mappe di navigazione, poniamo domande e stimoli, ma l’obiettivo principale è dare ai ragazzi la possibilità di confrontarsi sulla trama, partendo da uno stralcio del testo per approfondirlo tutto e ritrovarsi nel corso dell’anno a discuterne.

È anche un tentativo di avvicinarli alla lettura con testi più vicini al loro mondo?

Sì, assolutamente. Abbiamo cercato di entrare nello sguardo di un ragazzino o ragazzina di undici o dodici anni, per trovare autori che portassero argomenti freschi, attuali e coinvolgenti. La lettura rimane al centro.

Un’ampia parte riguarda i pregiudizi e gli stereotipi di genere. Quanto i giovani che lei incontra ne sono influenzati?

Ne subiscono l’influenza quando escono dagli spazi più protetti perché pensati per loro. Ma quello che io trovo e apprezzo tantissimo in questa generazione è la voglia di scardinare i pregiudizi. Penso allora che possa essere utile per loro trovare anche in un’antologia cose che già conoscono, ma su cui possono finalmente mettere la propria voce e confrontarsi con gli insegnanti.

Come affrontate il tema del razzismo?

Abbiamo separato il razzismo di ieri da quello di oggi per evidenziare che si tratta di un problema anche nostro, di noi europei e italiani. È una tematica che fa parte del nostro presente, ma che non ci deve spaventare. È importante riuscire a parlarne già con i più giovani, perché può essere un’opportunità per dar loro la possibilità di riconoscerlo, di non girare la testa dall’altra parte e non far sentire sole le persone che lo subiscono.

Un tema sotteso al vostro lavoro è che la scuola non serve solo ad apprendere nozioni?

Certamente. Girando molto nelle scuole, ho capito quanto in esse viva una comunità, ci sia il mondo reale. Tutti noi abbiamo il dovere di pensare alla scuola, senza lasciarla solo ai dirigenti, agli insegnanti e agli alunni. Voglio credere che, come la famiglia, anche la scuola possa essere il luogo in cui impariamo tante cose, oltre alle nozioni di base. Il mio sogno è che si possa imparare anche l’amore, la compassione, come far sentire la propria voce e battersi per i diritti propri e degli altri. Vedo che le case editrici scolastiche cominciano ad ampliare lo sguardo in questa direzione e sono contenta: se si comincia a cambiare la scuola, forse anche il Paese potrà vederne i frutti.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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