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La resistenza del cattolico Carlo Bianchi, martire a Fossoli

La presentazione a Brescia del libro scritto da Anselmo Palini, che racconta la biografia dell’imprenditore che con Teresio Olivelli prese ispirazione dal Vangelo per opporsi al fascismo, pagando questa scelta con la vita.
In famiglia. Carlo Bianchi nel 1942 con i figli, i suoi «crapini»
In famiglia. Carlo Bianchi nel 1942 con i figli, i suoi «crapini»
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Il libro «Carlo Bianchi» di Anselmo Palini viene presentato martedì 29 aprile alla libreria Paoline di via Rosa a Brescia. Con l'Autore intervengono Carla Bianchi Jacono, figlia di Carlo Bianchi, e il presidente nazionale dei Volontari della libertà Roberto Tagliani. Introduzione di Giorgio Bardaglio, vicedirettore del Giornale di Brescia.

«Sono fiero di essere qui perché qui sono certo che soffro per il domani dei miei figli che non è fatto solo di pane e di moneta, ma innanzitutto di libertà e di giustizia». Basterebbe questa frase scritta in una lettera ai familiari dal campo di Fossoli poco prima di essere assassinato con altri 66 compagni di detenzione il 12 luglio 1944 a soli 32 anni, per comprendere la statura morale e civile di Carlo Bianchi, l’imprenditore che con il futuro beato Teresio Olivelli fu al centro della rete resistenziale che a Milano si organizzò intorno ad un gruppo di cattolici antifascisti ambrosiani e bresciani dopo l’8 settembre 1943.

Anselmo Palini, saggista e studioso, autore del libro  su Carlo Bianchi
Anselmo Palini, saggista e studioso, autore del libro su Carlo Bianchi

Ad avvicinarci una delle figure-chiave ma poco conosciuta, della resistenza antifascista ispirata da una scelta evangelica, è Anselmo Palini con «Carlo Bianchi», la biografia edita da Ave alla vigilia dell’ottantesimo anniversario della Liberazione.

Il saggista bresciano, già autore di un libro sul «ribelle per amore» Olivelli, da tempo è impegnato a «far memoria del bene», cioè di martiri-testimoni che hanno sfidato in modo nonviolento i totalitarismi e le dittature del Novecento: figure come, tra le altre, il vescovo latinoamericano san Oscar Arnulfo Romero, o il missionario bresciano Pierluigi Murgioni e la «Antigone di El Salvador» Marianela Garcia Vilas.

Una duplice memoria

Su questa linea il libro elabora una duplice memoria. La prima riguarda l’ingegnere dalla fede specchiata e solida, che formatosi nell’Azione Cattolica e nella Fuci dov’era ben impressa l’impronta di un assistente spirituale di nome Giovanni Battista Montini, si attiva con le sue capacità e i suoi beni di imprenditore cartotecnico, nelle opere sociali dell’arcidiocesi di Milano per i poveri e gli sfollati di guerra. La seconda porta a rivisitare in modo più inclusivo il movimento resistenziale evidenziando l’apporto peculiare di quei cattolici, che – sostenne Olivelli, autore della celebre «Preghiera del ribelle» ed ucciso poi in un lager nazista – si rivoltarono «per amore» contro la disumanizzazione causata dalla negazione della libertà e dalla guerra, con la determinazione che derivava loro dalla fede cristiana.

Una figura emblematica

Bianchi in tal senso è una figura emblematica. Ospita e aiuta Olivelli nel sostegno alle Fiamme Verdi (i due saranno arrestati insieme nell’aprile ’44). Organizza la pubblicazione e la distribuzione de «Il ribelle», il foglio dei partigiani cattolici che prende il posto di «Brescia libera» dopo la fucilazione del fondatore delle Fiamme Verdi bresciane, Astolfo Lunardi. Appoggia l’attività degli scout milanesi per far espatriare clandestinamente in Svizzera oltre duemila tra ebrei, perseguitati politici e renitenti alla leva della Rsi. Pensa al «dopo-catastrofe», stilando sempre con Olivelli un articolato «Schema di discussione di un programma ricostruttivo ad ispirazione cristiana», che nel segno della libertà e giustizia sociale anticipa molte proposte poi discusse dalla Costituente. Tutto ciò nella consapevolezza dei rischi che correva lui, padre di tre figli amorevolmente chiamati «crapini», e in attesa di una quarta, Carla.

È la figlia, nata poco dopo la morte del padre, a ricordarci nella postfazione che «ancora molto resta fa fare per approfondire storica di quel periodo... lo si deve in spirito di riconoscenza a tutte le persone che si sono sacrificate per i futuri uomini e donne di questo Paese». E quella di Bianchi, conclude Palini, rappresenta «una piccola luce che unitamente a tante altre, continua ad illuminare il cammino di quanti testardamente credono ancora che ‘giustizia e pace si baceranno’», come recita il salmo. Convinti che – lo scrive Bianchi dal buio di San Vittore – «tornerà presto il sole».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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