Cultura

Quando Naval’nyj scrisse: «Ognuno può fare qualcosa, non abbiate paura»

In anteprima mondiale Scholé pubblica gli scritti del dissidente-martire collezionati in antologia. Venerdì 24 maggio l’incontro alla Pace
A Roma una fiaccolata per ricordare Aleksej Naval’nyj all’indomani della sua morte
A Roma una fiaccolata per ricordare Aleksej Naval’nyj all’indomani della sua morte
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«Alla fine della fiera dovrà apparire in Russia qualcuno che non mente...». Così Aleksej Naval’nyj spiegava perché era tornato a Mosca pur sapendo quanto rischiava. Dopo essere stato imprigionato e condannato, dopo essere stato avvelenato e aver rischiato di morire, perché tornare? «Il dilemma tornare o non tornare non si è mai posto – scriveva –, non c’è stata discussione, per la semplice ragione che io non avevo mai deciso di andarmene».

Aveva promesso a chi aveva il coraggio di scendere in piazza con lui che mai li avrebbe abbandonati. E ribadiva: «Forse a voi sembra che io sia pazzo, nuotando contro corrente. A me sembra invece che siate voi i pazzi. Avete una vita sola e per cosa la spendete? Potete opporvi, ognuno può fare qualcosa... Voi potete: non abbiate paura».

«Io non ho paura, non abbiatene neanche voi» è il titolo del libro, che raccoglie gli scritti del dissidente-martire, pubblicato in anteprima mondiale da Scholé. Grazie al lavoro prezioso di Adriano Dell’Asta e Marta Carletti Dell’Asta, è stata scelta un’antologia di testi che comprendono perorazioni pronunciate in tribunale, post pubblicati sui canali social, lettere e interviste. Se ne parlerà venerdì 24 maggio alle 18, nella Sala Bevilacqua di via Pace 10, a Brescia, all’incontro «La lotta per le libertà in Russia» promosso dalla Cooperativa cattolico-democratica di Cultura. 

Tra l’impegno e la vita privata

Naval’nyj aveva un'abilità comunicativa avvincente. Nato vicino a Mosca nel 1976, aveva studiato da avvocato poi si era laureato in economia e aveva vinto una borsa di studio a Yale, negli Usa. Nazionalista e xenofobo, alle origini – posizioni successivamente respinte. Fin da giovanissimo aveva lottato contro la corruzione. Il suo impegno emerge con forza nel libro. Ci sono commenti illuminanti su Putin, la situazione Russa, la Crimea e la guerra. E ci sono pagine sulla vita da prigioniero politico che rievocano la «Giornata di Ivan Denissovic» del grande Solgenicyn. C’è il racconto in diretta dell’avvelenamento sul volo Tomsk-Mosca. Narra il ritorno in Russia, l’arresto, il processo e lo sforzo di non lasciarsi travolgere dall’odio, dopo la condanna a 19 anni di carcere e l’invio nel gulag oltre il circolo polare artico, dove morirà a soli 47 anni.

«È chiaro – scriveva – che preferirei non dovermi svegliare in questo canile, e fare invece colazione con la mia famiglia, ma la vita funziona in modo tale che il progresso sociale e il futuro migliore si ottengono solo se qualcuno è disposto a pagare per il proprio diritto, ad avere delle convinzioni e a unire la coscienza con il raziocinio».

Il libro raccoglie anche momenti di intimità. Scrive Adriano Dell'Asta: «È difficile uscire dagli ambiti della politica quando si parla di Aleksej Naval’nyj; e per certi versi è impossibile, perché tutta la sua vita si è svolta sotto le luci della politica. Però se si vuole intendere il significato di questa vita e anche la sua cifra politica, è necessario andare oltre...» . E oltre stanno la fede ritrovata e una «inesausta sete di giustizia e di verità». «Non solo la Russia deve essere libera – scriveva – ma deve essere felice».

Significativo che l’ultimo messaggio, due giorni prima di morire, sia un post inviato alla moglie Julija per San Valentino: «Piccola, tra noi è come una canzone: ci separano città, le luci di decollo degli aeroporti, bufere azzurre e migliaia di chilometri. Ma io ti sento vicina ogni secondo, e ti amo sempre di più».

L’altro libro

A Brescia, venerdì pomeriggio, alla Pace, accanto al libro di Naval’nyj sarà presentato un altro volume: «L’uomo che non aveva paura» narra la storia di Andrej Sacharov. Le conclusioni saranno affidate a Elena Kostioukovitch, esponente di Memorial Italia, l’associazione che opera per i diritti umani in Russia, insignita del Nobel per la pace nel 2022.

Accanto a Naval’nyj, che «con il suo sacrificio è diventato il rimprovero per il regime», lei pone Andrej Sacharov, «il pensatore, il lottatore, l’appoggio morale che la Russia poteva trovare in se stessa per conquistare la libertà dopo il regime sovietico». «Quello su Sacharov – spiega – è un libro interessantissimo, una sorta di graphic novel che unisce disegni e foto a testi molto seri. Ripercorre la biografia dello scienziato che creò la bomba a idrogeno, ma poi dedicò il resto della sua vita a criticare il proprio lavoro fino a meritarsi il Nobel per la pace nel 1975. Impegnato per i diritti umani e la libertà, divenne dissidente e sopravvisse al gulag. Il libro è la versione in italiano, edita da Caissa, una piccola ma accuratissima casa bolognese, di una pubblicazione russa, proposta da un editore indipendente che non fa nulla per assecondare Putin... Due fatti eroici – spiega Koustioukovitch – che in Russia un editore sia riuscito a pubblicare un libro così interessante e che in Italia ci sia stato qualcuno che abbia avuto l’entusiasmo di tradurlo e proporlo».

Naval’nyj e Sacharov: i due volti degli uomini che non hanno avuto paura di lottare per la libertà.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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