Gli omicidi bresciani del ’900 sono raccontati in «Delitti imperfetti»

Un mondo piccolo e antico, eppure molto più vicino al nostro di quanto sembri, dove — ieri come oggi — violenza, denaro e passioni continuano a intrecciare e sconvolgere i destini umani. È quello raccontato dal giornalista William Geroldi nel libro «Delitti imperfetti. Omicidi, indagini e processi nella prima metà del Novecento bresciano» (Liberedizioni, 15 euro), presentato durante l’inaugurazione della mostra «Echoes - Voci dalla cronaca nera» all’archivio di Stato di Brescia.

Attraverso verbali, atti processuali, perizie e documenti relativi a nove processi della Corte di Assise, Geroldi ricostruisce un mosaico di passioni e miserie, di colpe e redenzioni, in una Brescia sospesa tra il mondo contadino e la nascente società borghese.

L’umanità scomparsa

Nei faldoni giudiziari sfilano mestieri scomparsi — l’adacquarolo, il crivellatore di frumento, l’ottonaio — e con essi un’umanità fragile, travolta da sentimenti assoluti e giudicata da una legge che non si rivela uguale per tutti. Sono le donne, infatti, le vittime troppo spesso giudicate due volte, sottoposte a pregiudizi feroci che finiscono per alleggerire le colpe dei loro assassini. Eppure, emerge la sorprendente abilità di chi allora indagava, con inchieste condotte senza tecnologia e guidate solo da intuito e osservazione, a supplire l’assenza della scienza forense.

Tra le storie raccontate spicca anche un antesignano cold case, un omicidio rimasto avvolto nel mistero per lungo tempo, finché la tenacia di un comandante dei carabinieri non riportò la verità alla luce.