Oleksandra Romantsova: «La pace in Europa, equilibrio molto fragile»

Dal 2014 Romantsova documenta i crimini di guerra commessi dall’esercito russo: la premio Nobel sarà a Brescia in occasione del Festival della Pace 2024
Oleksandra Romantsova
Oleksandra Romantsova
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Di rispetto dei diritti in Ucraina se ne occupa da 15 anni, Oleksandra Romantsova, ospite domani a Brescia nell’ambito del Festival della Pace.

Anni contraddistinti da tensioni e guerre, da interrogativi e speranze. Lei, nata a Mykolaiv nel 1985 e laureata in Relazioni internazionali, nel 2013 partecipa alle proteste sul Majdan mentre l’anno successivo diventa direttrice esecutiva del Centro per le libertà civili di Kyiv, carica che ricopre ancora oggi. Nel 2022 la sua associazione viene insignita del Nobel per la Pace insieme all’associazione russa Memorial e al Centro bielorusso per i diritti umani «Vjasna». Un riconoscimento in qualche modo amaro, perché arriva nel momento più drammatico per il suo Paese.

Domani Romantsova arriverà a Brescia.

Il vostro Centro sta raccogliendo documenti per portare i crimini di guerra davanti a un Tribunale. È come se foste proiettati alla fine. Si tratta di una necessità o è una speranza per il futuro?

Documentiamo i crimini di guerra commessi dall’esercito e dai reparti speciali russi dall’inizio della guerra nel 2014. Per capirci, quello che avete visto a Bucha è accaduto nel Donbass e in Crimea per 8 anni, prima dell’invasione del 2022. Più di 5.500 civili sono passati attraverso luoghi di detenzione illegali dove i russi li torturavano. Dall’inizio dell’invasione nel 2022 abbiamo già documentato più di 80mila episodi. Questo lavoro viene fatto ora proprio perché non sappiamo quando la guerra finirà. Non abbiamo miliardi di dollari da investire nella macchina mediatica, possiamo dimostrare la verità solo in tribunali universalmente riconosciuti, verso i quali si nutre fiducia. È un modo per sopravvivere e difendersi, non per sperare. La speranza non si realizzerà mai se non si fa tutto il possibile ogni giorno per raggiungere questo obiettivo: proteggere se stessi e il proprio Paese.

Che idea si è fatta del modo in cui i media occidentali hanno raccontato e ancora oggi raccontano il conflitto in Ucraina?

Ci sono media che fanno ottime indagini e noi cerchiamo di collaborare con loro. Nelle inchieste che riguardano crimini di guerra o corruzione. Qualsiasi giornalismo di qualità basato sui fatti è utile alla comunità ucraina e internazionale. Ma purtroppo vediamo anche molte informazioni manipolative – che fingono di essere giornalismo, ma in realtà non sono altro che propaganda – create con i soldi della Federazione Russa o sotto la sua influenza. Ecco perché uno dei nostri appelli alla Corte penale internazionale riguardava i propagandisti russi.

È realistico pensare che alla fine del conflitto i rapporti tra russi e ucraini saranno inesorabilmente sfilacciati o i due popoli restano legati in maniera indissolubile?

Per le persone in Ucraina che hanno sofferto per questa guerra negli ultimi 10 anni avere contatti con i rappresentanti della Federazione Russa sarà doloroso probabilmente per 50 anni dalla fine della guerra. Allo stesso tempo, in Ucraina vivono molte persone di diverse nazionalità, compresi russi, su cui ora piovono missili e droni russi. La domanda non è a quale nazione si appartiene, ma cosa si è fatto per fermare questa guerra.

Potrebbe sintetizzare lo stato d’animo del popolo ucraino e di quello russo alla fine del 2024, con la stanchezza della guerra sulle spalle?

So poco o nulla del popolo russo, sono un mistero. Sembrano persone che soffrono della sindrome di Stoccolma. La loro dipendenza si manifesta nella fede in una realtà virtuale che la propaganda russa crea per loro. Allo stesso tempo, credono di non avere alcuna influenza su nulla. Putin è l’unica persona che può davvero fermare questa guerra in un giorno. Gli ucraini combattono non perché sia una loro scelta, ma perché non abbiamo altro modo per restare in vita. Sì, è molto duro, ma non hanno intenzione di arrendersi alla fine del 2024. Se i negoziati non garantiranno la sicurezza dell’Ucraina, la popolazione non sosterrà la loro firma. E in Ucraina è la popolazione a decidere, questo è un aspetto che Putin non capisce affatto.

Dal vostro punto di vista, qual è l’unica strada percorribile per raggiungere la pace?

La pace non si ottiene in un solo modo. E non può essere raggiunta una volta per tutte. Cento anni senza guerre in Europa sono un caso raro nella storia dell’umanità. Ed è un equilibrio molto fragile. La via della pace è quindi quella di ripristinare le garanzie dei diritti umani, e quindi non bastano i negoziati, né un solo trattato, ma richiede un grande lavoro quotidiano, in ciascun Paese. Dobbiamo costruire un nuovo equilibrio. E più si permetterà alla Federazione Russa di allargarsi, più sarà difficile ripristinare le garanzie dei diritti umani e dello Stato di diritto in Europa.

(Traduzione a cura della Fondazione Russia Cristiana di Seriate).

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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