Le canzoni di questo Sanremo sono tutte simili: non è un’impressione

Il primo ascolto, e poi anche il secondo e il terzo, hanno fatto percepire un po’ a tutti una certa uniformità tra le canzoni di Sanremo. Molte si somigliano e sembrano esserci dei trend ben chiari. Non è un’impressione: lo conferma anche chi lavora quotidianamente con la musica e le parole, come il compositore bresciano Andrea Amati, che dopo aver lavorato vent’anni per Warner, Sony e altri (ha scritto per Elodie, Renga, Nek, Annalisa…) ora è titolare del Pocket Studio a Brescia.
I type beat e i pochi autori
«Maneggiando le canzoni quotidianamente ho un orecchio attento e mi accorgo che la metà dei brani in gara partono dai type beat, ovvero basi che si trovano su internet e che vengono rielaborate. Non è un male, ma lo diventa quando c’è uniformità armonica. Sono tre gli accordi che girano: inevitabilmente le canzoni sono molto statiche. L’altro fattore che le rende tutte somiglianti sono i team di lavoro: sono pochi e scrivono gran parte delle canzoni. Il brano di Rose Villain poteva benissimo essere il brano di Elodie o quello di Gaia o Sarah Toscano. Sono intercambiabili perché gli ingredienti sono gli stessi. Non c’è personalizzazione, su quella fascia di artisti». Ecco perché, ammette, nessuna canzone di questo Festival l’ha colpito. «Certo, ci sono Cristicchi, Corsi e Brunori: si rifanno al cantautorato e quindi se paragonati agli altri sembrano portare qualcosa di diverso. In realtà anche le loro sono cose già sentite. Ma quantomeno provano a dire qualcosa di più».
I bresciani

Dei bresciani che dice? «Con Fausto Lama Zanardelli ho lavorato e lo stimo molto. Anche Joan Thiele è molto brava, non la conosco personalmente. I Coma_Cose hanno giocato la carta tormentone: nasce con quell’intento e va bene così. Nemmeno loro credo abbiano la presunzione di dire di aver portato un brano che resterà nella storia o con un valore artistico alto. È ciò che è. Alle persone piacerà. A chi cerca qualcosa di più artistico invece farà storcere il naso. Io appartengo a questa seconda tipologia di fruitori di musica. Trovo il brano sapientemente ruffiano e smaccatamente hit. Mi piace molto Joan Thiele: sulle strofe mi mette i brividi, il testo è davvero bello. Peccato sull’inciso: il ritornello poteva dare un po’ di più, e invece sembra che si sieda».
Il brano che avrà davvero successo
Tra tutti i brani in gara, non ce n’è quindi uno che spicchi, a suo parere. «Un po’ per i type beat, un po’ per i pochi autori, e un po’ perché poche persone che compongono sanno suonare, oggigiorno. È un periodo decadente dal punto di vista compositivo».
Chi avrà più successo? Forse proprio «Cuoricini», secondo lui. «È trasversale, universale, piace a tutti. Assolverà all’intenzione iniziale che aveva: essere un tormentone».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
