MusicaGarda

Mannucci: «Il mio violino costruito con il legno dei barconi dei migranti»

Enrico Raggi
Nell’orchestra Cherubini protagonista a Lampedusa con Riccardo Muti c’è anche la violinista di Desenzano, classe 2001, che suona uno strumento ricavato dai resti dei pescherecci di chi cerca di attraversare il Mediterraneo
Miranda Mannucci, classe 2001, è una violinista di Desenzano del Garda
Miranda Mannucci, classe 2001, è una violinista di Desenzano del Garda
AA

«Prima di atterrare a Lampedusa guardavo dall’alto il Mediterraneo disteso sotto ai miei occhi. Pensavo a quanto quel mare e la musica si assomiglino: crocevia di popoli, punto di contatto fra culture e civiltà, luogo di conoscenza, di fraternità, di contiguità, più che di separazione. Credo che questa sia pure una delle segrete vocazioni del mio amato Garda: chiamato a costruire ponti e a riallacciare legami».

La giovane violinista desenzanese Miranda Mannucci, classe 2001, figlia d’arte (il papà Andrea è compositore, la mamma Claudia Camozzini pianista e clavicembalista, la sorella Afra violoncellista), collabora da tre anni con l’Orchestra Giovanile Cherubini di Riccardo Muti; negli ultimi mesi ha suonato ad Aquileia, Vienna, Berlino, prima della tappa simbolica nell’isola siciliana per lo storico progetto «Le vie dell’amicizia».

Il concerto sarà trasmesso dalla Rai l’8 agosto.

Riccardo Muti dirige Stabat Mater per Le vie dell'Amicizia - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Riccardo Muti dirige Stabat Mater per Le vie dell'Amicizia - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

Il progetto

Oltre cento barconi, relitti delle traversate dei migranti sul Mediterraneo, sono arenati nel campo di calcio del carcere di Opera, pronti ad ampliare – grazie al progetto Metamorfosi – l’Orchestra del mare, ovvero la flotta degli strumenti musicali che con le loro sgargianti cromie testimoniano il dramma dei migranti e aiutano i detenuti ad imparare il mestiere di liutai, risparmiando allo Stato i soldi della demolizione.

Tutto nasce dalla Fondazione casa dello spirito e delle arti, dall’intuizione di Arnoldo Mosca Mondadori che ha ottenuto l’ok dell’allora ministra Luciana Lamorgese. Quegli strumenti, ovvero nove violini, tre viole e tre violoncelli «che trasformano il dolore in musica», sono stati dati in prestito («perché non devono mai appartenere a nessuno, né essere commercializzati, qui il denaro non c’entra, devono rimanere bene comune, testimonianza collettiva») ai musicisti dell’Orchestra Cherubini per il concerto diretto a Lampedusa da Riccardo Muti (a lui sono state donate due bacchette dello stesso legno) per il festival Le vie dell’amicizia, quest’anno dedicato ai migranti, in cui hanno suonato lo Stabat Mater composto da Giovanni Sollima.

Il violino realizzato con i resti dei barconi dei migranti dai detenuti del carcere di Opera
Il violino realizzato con i resti dei barconi dei migranti dai detenuti del carcere di Opera

Ad Opera stanno realizzando un violoncello per Sollima («è un artista vicino al dramma dei migranti») e una chitarra per Vasco Rossi. I detenuti smontano i pescherecci, recuperano gli oggetti che vi si trovano dentro («un’esperienza altamente emotiva») poi creano gli strumenti sotto la guida del liutaio Carlo Chiesa: 400 ore di lavoro per un violoncello.

Ora l’Orchestra degli strumenti messaggeri di pace è pronta a girare l'Europa: non solo in scena ma anche nelle scuole «dove si può raccontare la loro storia ai ragazzi che capiscono tutto in un attimo e possono divulgare a loro volta il messaggio».

Per Mannucci quell’esperienza è stata la più toccante emotivamente. Le abbiamo chiesto perché.

L’intervista

Miranda, a Lampedusa avete suonato con strumenti speciali...

Una ventina dei nostri strumenti sono costruiti con il legno dei barconi dei migranti, trasformati dal lavoro dei detenuti del carcere di Opera, guidati da un maestro liutaio. Quando ho suonato uno di questi strumenti ho avvertito quanto fosse carico di significato, di emozione, di attesa. Aveva dentro la voce del mare, un accento dolce e fragile eppure nobile e profondo; era invaso dal canto, dalle ninne nanne, dalle mille storie udite da chi ha attraversato i flutti in preda alla disperazione ma carico di speranza.

E la musica?

Analoghe sensazioni ho vissuto eseguendo a Lampedusa e a Ravenna lo Stabat Mater di Giovanni Sollima: a tema il dolore di una «povera madre, che annega fra le lacrime», composizione piena dei sussurri e delle grida di chiunque si trovi nella pena, nella fame, in guerra, i genitori in ambasce di ogni epoca. In giugno a Lucca, per i festeggiamenti dei vent’anni della Cherubini, con un organico quasi raddoppiato rispetto ai consueti 70 elementi, ho capito che anche per me la musica è un viaggio: è sempre un ritorno a casa, cioè verso se stessi.

Cosa sta imparando dal Maestro Muti?

Nell’ambito operistico ha rivoluzionato il mio pensiero musicale. Ho capito cosa significhi stare nel gesto direttoriale, favorire i cantanti, essere attenti alla parola, come si articolano drammaturgia vocale e strumentale, per quali misteriose vie scaturisca la magica interazione fra podio ed esecutori, che tipo di vibrato e intensità usare nel melodramma verdiano. E tanto altro...

I suoi prossimi impegni?

Il 19 e il 20 luglio sono a Cesena e a Forlì con il Sestetto d’archi dell’Orchestra. In autunno tengo un récital solistico a Ostuni e presento una Sonata per violino solo di Bach accostata a rielaborazioni di quattro compositori contemporanei fra cui Giampaolo Testoni e Albino Taggeo. Infine, dovrei tornare in tournée con la Cherubini, per le riprese invernali del Turco in Italia, a Pisa e Ferrara, e di Tosca. Ogni volta è un nuovo inizio, nulla scompare e tutto si trasforma, in una perenne circolarità. Dalla nostalgia alla luce, dalla sofferenza alla gioia. 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Icona Newsletter

@I bresciani siamo noi

Brescia la forte, Brescia la ferrea: volti, persone e storie nella Leonessa d’Italia.