Michele Gazich: «Canto per la democrazia ricordando Piazza Loggia»

Enrico Danesi
Il musicista sarà al teatro Sant’Afra di Brescia con il concerto civile «Al buio la musica è più forte»: l’intervista
Michele Gazich in concerto - Foto Andrea Guerzoni
Michele Gazich in concerto - Foto Andrea Guerzoni
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Michele Gazich per un giorno profeta in patria. Questa sera (lunedì 16 dicembre) il compositore, violinista e scrittore di canzoni nato a Brescia proporrà «Al buio la musica è più forte», concerto civile in memoria delle vittime e dei feriti delle stragi di Piazza della Loggia e di Piazzale Arnaldo.

L’appuntamento è alle 20.30 al Teatro Sant’Afra di vicolo dell'Ortaglia 6; ingresso libero fino ad esaurimento dei posti, prenotazioni su www.eventbrite.it. Organizzato dalla Casa della Memoria, il live chiude il ciclo di eventi allestito in occasione del 50º anniversario della strage di Piazza della Loggia.

In carriera Gazich ha collaborato, tra gli altri, con Mary Gauthier (strappando una Grammy nomination), Michelle Shocked, Mark Olson ed Eric Andersen. In questi giorni è di ritorno da un tour con Moni Ovadia.

Impegnato a violino, viola, pianoforte e percussioni psicoacustiche, oltre a essere la voce principale, l’artista sarà affiancato da Marco Lamberti, sodale da vent’anni (a chitarre, bouzouki, seconda voce) e da Giovanna Famulari (a violoncello, melodica, seconda voce), musicista triestina che ha un ruolo fondamentale anche in «Solo i miracoli hanno un senso stanotte in questa trincea», l’album in uscita il prossimo 21 febbraio.

Alla vigilia dell’appuntamento, abbiamo intervistato l’artista.

Michele Gazich, la testimonianza civile è il filo (conduttore) che cuce canzoni concepite in momenti diversi…

È così. In particolare, apro e chiudo il concerto con «Guerra Civile», effettivamente dedicato alla memoria di Piazza della Loggia: è il brano con cui dal 2008 apro ogni mio concerto, che ora troverà finalmente la sua collocazione ideale. L’idea di scriverlo affonda le radici addirittura ai tempi in cui frequentavo il liceo Arnaldo. Allora, nell’anniversario della strage, si faceva un’assemblea non molto partecipata, più che altro il pretesto per saltare un giorno di scuola. Nel corso degli anni ho immaginato di fare qualcosa per ricaricare di senso questa giornata, renderla memoria attiva. Ci riguarda tutti, ancor più oggi, quando in tutto il mondo la democrazia soffre e ci chiediamo se possa reggere. Credo che sia importante ripensare ad anni in cui ci sono stati scricchiolii anche maggiori.

Cos’altro c’è in scaletta?

Riprenderò un brano che omaggia il musicologo e cantautore Michele Straniero, che negli anni ’50 diede per primo risalto alla canzone impegnata. Poi ci saranno pezzi legati alle memorie veneziane indagate per un disco («Temuto come grido, atteso come canto», del 2018, ndr) e altre canzoni di testimonianza civile, tra cui quella che dà titolo al lavoro di prossima uscita. Tutte mie, a parte «Gelem Gelem» di Žarko Jovanovic, inno della comunità Rom.

Lei che ha studiato la cultura ebraica, cosa pensa degli attuali rigurgiti di antisemitismo?

Mi intristisce questo assurdo antisemitismo di ritorno, legato tristemente all’attualità. Ma una cosa è lo Stato d’Israele di oggi, altra è la cultura ebraica, che è uno dei paradigmi dell’Occidente insieme alla cultura greca: fa parte di noi.

Da qualche anno risiede a Venezia. Com’è Brescia, da lontano?

Resta il luogo in cui sono nato, cresciuto e dove ho formato la mia coscienza politica di antifascista. È curioso come, da quando non ci vivo più, abbia cominciato a suonarci regolarmente… Sono orgoglioso di tornarci in un’occasione come questa, in cui c’entrano le migliori istituzioni cittadine e una realtà preziosa come la Casa della Memoria.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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