Jury Magliolo presenta «True», il nuovo album tra folk e rock

È il momento della... verità, per Jury Magliolo. Che ieri ha infatti presentato, in un’ anteprima «intima», il suo nuovo album, «True» (Vero), al laboratorio Matrici Aperte di Brescia, non con un concerto bensì con l’ascolto condiviso, tra amici, delle tracce del disco.
Un lavoro anticipato, a fine settembre, dal singolo «True Love of Mine» e disponibile da oggi, in vinile e sulle piattaforme di streaming: l’intero album si pone sulla medesima lunghezza d’onda della canzone che lo ha annunciato, sebbene negli altri brani i richiami beatlesiani siano più rarefatti e si fondano con le diverse influenze (rock, folk, r&b) che negli anni il trentanovenne artista bresciano ha fatto proprie, approfondito e rielaborato con personalità, sul piano compositivo e sonoro quanto su quello vocale, un terreno quest’ultimo in cui ha affinato lo stile attraverso la parallela carriera da backing vocalist e arrangiatore al fianco di Renato Zero e Cesare Cremonini.
Il nuovo album
Nudo ma non crudo, viene da dire di «True» – composto nel corso di cinque anni e registrato da Jury con il fratello Kevin in soli due giorni, in studio, suonando in diretta come se fosse un concerto, senza orpelli né post produzione – per sottolinearne quell’aspirazione al vero quale esito felice di un percorso di eliminazione del superfluo.
Così come l’aggettivo «lancinante» pare adatto a definire la malia struggente di alcuni brani. Per certo, Jury va alle radici della sua creatività, con arrangiamenti ridotti all’osso, in chiave autenticamente folk, ma creando un’atmosfera sospesa e fuori dal tempo, oltre i confini di genere. La chitarra delinea tenui melodie e poi si mette al servizio della voce, che indirizza lo svolgimento poetico del tema, mescolando materiale lunare e solarità, in un crescendo delicato, per cui la luce empatica del lato B del disco non si libera mai del tutto della malinconia che pervade più compiutamente il lato A.
Le prime presentazioni live del disco saranno all’Incognito di Cerea, in provincia di Verona (domani), e all’Enotema di Brescia, quartiere Carmine (martedì 28 ottobre). Infine al Circolino, Scarpizzolo di San Paolo, il 21 novembre.
Jury, i dischi solisti evocano universi differenti rispetto a quelli esplorati in gruppo. È una scelta precisa?
Da solo ho un atteggiamento rilassato, in contrasto con l’energia che sprigiono nei tour con Cesare Cremonini o Renato Zero, per non parlare delle follie con i Matt Project. Sfoghi da palco a parte, io conduco una vita tranquilla, casa e studio, per cui quando scrivo canzoni affiora quel mondo, il mio mondo interiore.
Nel disco abbondano i riferimenti cinematografici...
L’immaginario del disco è generalmente cinematografico. Ancor più in alcuni brani: «Rosebud», che richiama «Quarto potere» (è il nome della slitta del protagonista da bambino e racchiude il senso profondo del capolavoro di Welles, ndr); «Nikola Tesla», personaggio geniale che ho conosciuto attraverso «The Prestige» di Christopher Nolan, dov’era interpretato da David Bowie. Ma sono affezionato anche all’immaginario musicale di «The Good Side of the Wall».
In «True» gioca in un ruolo importante un altro Magliolo, Kevin. Anche oltre la produzione, che ha firmato, e il supporto strumentale?
Io e mio fratello abbiamo in testa le stesse note, da lui accetto consigli e critiche. E con lui ho realizzato questo disco in grande libertà, senza urgenze discografiche e senza seguire le mode, ma soltanto la mia idea di musica, appagando il desiderio di recuperare una dimensione analogica.
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