Tra De Gregori e il Vittoriale si ripete l’incanto di grandi canzoni
Anni fa, all’esordio sotto il cielo del Vittoriale, pur avvezzo a mille battaglie e centinaia di location di rango, Francesco De Gregori indicò con un ampio gesto della mano le meraviglie circostanti e disse: «Questo è uno dei posti più belli che si possano trovare: invitateci più spesso». Viola Costa, la direttrice artistica di «Tener-a-mente», lo prese in parola e da allora lo chiama con frequenza: quasi sempre lui risponde presente, incantando un pubblico da sold out qualunque cosa attinga da quel suo repertorio che è scrigno di gemme preziose, alcune aduse a brillare sovente, altre più nascoste.
È successo anche ieri, quando il cantautore romano ha messo in fila 23 canzoni, riempiendo di bellezza e poesia la notte gardesana.
Il Principe – soprannome che gli diede Lucio Dalla ai tempi di «Banana Republic», l’unico che gli piaccia – si è palesato dopo l’apertura di Angela Baraldi (cantante bolognese che ha prestato la bella voce profonda a Dalla, Carboni, Ron, Bersani e allo stesso De Gregori), con abbigliamento casual e cappellino da baseball, senza chitarra e col microfono sempre in mano.
Gli arrangiamenti sono folk-rock e l’avvio è un tributo all’amica Giovanna Marini, scomparsa a maggio («Sento il fischio del vapore»), poi seguono «Il vestito del violinista», «Atlantide» e «La valigia dell’attore». Si rivolge al pubblico, Francesco, e sorride: «Un tempo dicevano che ero ermetico, ora certe canzoni mi piace spiegarle». Lo fa con «A Pa’ », dedicata a Pasolini («La scrissi a dieci anni dalla sua morte, quando non se ne parlava molto, a differenza di oggi»); con «L’uccisione di Babbo Natale» («Il Natale ancora mi emoziona, mi fa tornare bambino... ma quando la pensai dovevo essere di cattivo umore»); con «Mitico», originata «dall’idiosincrasia per un termine di cui a Roma si abusa».
Annunciando «Come il giorno», celia: «Non è mia, è di Bob Dylan (cover di "I Shall Be Released", ndr): se non vi piace, pigliatevela con lui!».
Seguono prodigi assortiti, da «Generale» (l’unico momento in cui imbraccia la seicorde) a «Buonanotte Fiorellino» (tutti in piedi a ballare), passando per «Il cuoco di Salò» («Inevitabile farla, se non altro per motivi geografici», argomenta), «San Lorenzo», «La leva calcistica del ’68», «La donna cannone», «Anidride Solforosa» (per Dalla, con la Baraldi), «Rimmel». Alla fine il pubblico avvolge De Gregori con l’ovazione che si riserva ai più grandi, categoria a cui senz’altro appartiene.
Si replica stasera: stesso posto, stessa ora (le 21.15), un altro tutto esaurito.
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