Onda d’Urto, via alla festa con i Punkreas: folla, punk e adrenalina
Avvio arrembante per la 33ª Festa di Radio Onda d’Urto, nel segno del punk energizzante targato Punkreas. Con grande presenza di pubblico, perché aldilà del numero degli spettatori attorno al palco centrale (almeno 3000, a occhio), è l’intera area di via Serenissima a ribollire di gente, in sostanziale controtendenza con una narrazione che vorrebbe lenta la partenza della manifestazione.
L’apertura e la dedica
Che non ci sia Festa ROdU senza i Punkreas è cosa assodata, visto che il gruppo di Parabiago è presenza praticamente fissa all’ombra del Gatto Nero, tanto nella programmazione dell’emittente antagonista che nel cartellone della kermesse estiva. A questo giro, alla storica band di Parabiago è toccato anche l’onore di inaugurare da headliner gli appuntamenti d’annata del palco principale, peraltro molto ben introdotta da The Legendary Kid Combo, formazione lombardo-veneta con elementi bresciani, specializzata in un trascinante hardcore-punk dai curiosi risvolti folk.
I Punkreas sono stati protagonisti di un live che essi stessi, insieme alla redazione dell’emittente, hanno voluto dedicare a Titta Colleoni, tastierista, compositore e arrangiatore bergamasco che ha collaborato con varie realtà dell’underground come della canzone d’autore italiana, scomparso nei giorni scorsi e ricordato in maniera affettuosamente anticonformista dall’amico di una vita Jean-Luc Stote, con il quale ha condotto per anni una trasmissione proprio su Onda d’Urto.
Niente più creste tra il pubblico
La cosa apparentemente curiosa, ma in realtà ormai assolutamente naturale – preso atto dell’evoluzione del costume – è come a un concerto punk così partecipato non si scorgano le leggendarie creste un tempo in dotazione al popolo antisistema, mentre ora l’estetica (poco) caratterizzante si limita al piercing, a qualche maglietta che riproduce band storiche del genere, a (pochi) trucchi o acconciature che abbozzano l’immaginario crestoso senza compierlo fino in fondo. D’altronde i Punkreas medesimi (Cippa alla voce, Paletta al basso, Noyse ed Endriu alle chitarre, Gagno alla batteria), attivi dal 1989 e che oggi sono la formazione punk più significativa del panorama nazionale, si adeguano allo scorrere del tempo e sfoggiano look abbastanza convenzionali. Non è invece cambiata l’attitudine sul palco, che resta un concentrato di adrenalina, velocità hardcore, chitarre sferraglianti ed essenziali, ritmo talmente pulsante da influenzare di riflesso anche l’andamento del battito cardiaco di chi assiste.

Anniversario
C’è un anniversario a cifra tonda da celebrare, per i Punkreas: il trentennale dalla pubblicazione di «Paranoia e potere», forse l’album più amato dai fan dalla band. Che lo ha ripubblicato in edizione rimasterizzata (realizzandolo in vinile, cd e pure nelle vecchie musicassette), sebbene ieri ironizzasse sul fatto che in origine «non era proprio masterizzato, perché non avevamo i mezzi per farlo o, forse, perché ce ne eravamo dimenticati… Quindi non è esattamente corretto parlare di rimasterizzazione».
La scaletta
Lo eseguono per intero, i Punkreas, conservando l’ordine che le tracce avevano nel disco, anche se – distratti dal fatto di voler commemorare a loro volta esplicitamente Colleoni – saltano un pezzo («Cadena perpetua»), salvo poi recuperarlo a gran richiesta urlata da una platea scatenata. Ecco allora che, accanto a classici immancabili in ogni performance della band come «Acà Toro», «L’orologio», «Tutti in pista», «La canzone del bosco», scorrono anche brani che raramente trovavano posto nei live più recenti, tipo «Falsi preoccupati», «I chiromanti», «Aidio», «Anacronistico», «Marte».

Dopo una breve pausa, la sarabanda riprende con le hit di una lunga carriera, da «American Dream» a «Disgusto totale» (che strappa riferimenti diretti alla situazione di Gaza), da «Cuore nero» a «Salta» (un invito che il pubblico aveva peraltro anticipato, saltando e pogando fin dal principio), a «Modena-Milano», per finire con «Canapa», pezzo fortemente dissacrante, che ai tempi della pubblicazione (era il 2002) suscitò molte polemiche per una clip poco ortodossa a corredo, ora cantato da tutti come se fosse un inno.
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