Cultura

Morau al Teatro Grande: un «Firmamento» spaesante, onirico e lisergico

La compagnia La Veronal si è esibita con l’opera di Marcos Morau dedicata all’adolescenza: applausi e soddisfazione
Una scena da Firmamento - Foto Albert Pons
Una scena da Firmamento - Foto Albert Pons
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Non è semplice trovare la chiave per leggere «Firmamento» di Marcos Morau, opera coreografica interpretata dalla compagnia La Veronal mercoledì sera sul palco del Teatro Grande. Perché questo lavoro – che non è solo coreografico, ma ben più pervasivo e multidisciplinare – vuole replicare quasi letteralmente un sogno. E come accade nei sogni, aggrapparsi ai dettagli è difficile, così come difficile è trovare un senso o una narrazione che fili via liscia. Ma forse è proprio questa l’intenzione di Morau, che ha creato «Firmamento» pensando all’adolescenza e che ha portato in scena un quadro sfaccettato, onirico e lisergico, ma con radici affondate nel terriccio delle vite reali e delle vite virtuali che oramai è impossibile distinguere.

Mescolanza di forme d’arte

Morau fa giocare i sei artisti sul palco con una mimica accentuata che da umani li rende di pezza e poi ancora umani, ma soprattutto li fa muovere su colonne sonore molto filmiche che giocano con le note classiche e con quelle elettroniche. Un mix che riflette la mescolanza di forme d’arte che caratterizza «Firmamento»: c’è la danza, c’è il teatro e c’è il teatrodanza (e fin qui era scontato), ma ci sono anche l’arte figurativa, il cartone animato, il cinema e soprattutto un light design incredibile. Sembra quasi di osservare un «Fantasia» non più disneyano, ma psichedelico e distopico.

Le luci modificano massicciamente la scena: non solo l’atmosfera, ma la visione totale, stravolgendo un significato che è interpretabile in tanti modi. Nelle scene si leggono il pericolo del cambiamento climatico, l’isolamento virtuale, la leggerezza del gioco, l’inquietudine e lo slancio.

Un sogno spaesante senza soluzione di continuità. «Ci muoviamo in questa vita transitoria», dice l’ultima canzone di sottofondo, accompagnando il pubblico verso la chiusura del sipario. A cui ha seguito un lungo, sentito e compiaciuto applauso: non era scontato, ma il Teatro Grande ha ormai un pubblico affezionato affamato di sperimentazione coreutica.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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