Marcos Morau: «Quest’opera di danza è il mio dono agli adolescenti»

La fantasia come strumento per attraversare l’adolescenza: è questo il cuore di «Firmamento», lo spettacolo che la compagnia spagnola La Veronal (formata da artiste e artisti provenienti da danza, cinema, fotografia e letteratura) porterà per la prima volta al Teatro Grande di Brescia mercoledì 15 ottobre alle 20 (biglietti da 22 a 34 euro disponibili alla biglietteria e online su VivaTicket e sul sito del teatro).
Guidati dal coreografo valenciano Marcos Morau, i sei interpreti accompagneranno il pubblico in un viaggio tra sogno e metaverso, grazie a un intreccio di costumi sgargianti, luci e video-animazioni che trasformano continuamente lo spazio scenico. Un universo sospeso, in bilico fra realtà e immaginazione, che diventa omaggio al momento fragile e fertile del passaggio dall’adolescenza all’età adulta.
Lo spettacolo rientra inoltre nel progetto inclusivo Open: ci sarà dunque una audiodescrizione poetica dal vivo per persone cieche e ipovedenti. Abbiamo intervistato Morau.
Quando inizia a creare un nuovo lavoro, cosa lo accende di solito: un’immagine, una parola, un’idea visiva o un movimento?
Gli inizi sono sempre incerti, casuali, un po’ goffi. Sono scintille che si accendono in luoghi imprevisti. A volte nascono da un’immagine, da un pensiero, da un sogno, da una reazione politica al mondo che ci circonda. Serve sempre una forza che metta in moto l’intero processo e, se il terreno è fertile, può crescere un universo estetico, plastico, politico e artistico. La chiave è restare vigili, per riconoscere quando arriva quel primo momento.

E in che modo la letteratura, il cinema e la pittura influenzano il suo processo creativo?
Tutto ciò che mi circonda mi influenza: ciò che vedo, che ascolto, che assorbo da altri linguaggi artistici, i miei ricordi, la mia formazione, la mia posizione politica. Leggere è un modo di creare. Ascoltare musica è un modo di creare. Tutto passa attraverso di me, tutto mi segna, anche solo per essere scartato, anche solo per offrirmi un quadro creativo in cui sentirmi al sicuro, per così dire.
Il suo lavoro spesso unisce gesti quotidiani a immagini surreali. Come trova l’equilibrio tra realtà e astrazione?
Credo che l’astrazione arrivi dove la vita non arriva, dove non arrivano il concreto e il tangibile. La musica, come la danza, apre spazi, offre un orizzonte di significato più ampio. Suggerire è meglio che dire, anche se a volte sento il bisogno di gridare. Ora mi sento a mio agio nel muovermi dentro quei vortici. Come nei quadri di Francis Bacon, dove vediamo corpi deformati, luoghi riconoscibili ma alterati, sospesi tra vita e sogno, tra reale e immaginato, tra figurativo e astratto.

Dunque cosa ha ispirato «Firmamento»?
Firmamento è un dono che faccio agli adolescenti. Forse anche un po’ a me stesso, a quella mia adolescenza in cui tutto era ancora da scoprire, in cui la creatività bussava alla porta e capivo che altri mondi e altri sguardi erano possibili. Il firmamento, come la mente umana, è infinito: questa è l’idea che ha acceso e guidato l’intera creazione.
Cosa deve aspettarsi la platea?
Chi verrà a vederlo troverà un puzzle magico. Un gioco, un inno alla libertà creativa, fatto di testo, musica, riflessione filosofica, libertà espressiva e percettiva. Ci si immerge in un mondo sorprendente, come in un film di Miyazaki, dove ogni personaggio porta stupore e meraviglia. Credo che Firmamento sia l’opera più sorprendente che abbia mai realizzato, perché non segue alcun modello preciso e allo stesso tempo mette al centro la cosa più preziosa: la creatività.
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