Maria Chiara Arrighini e il dramma della violenza in scena all’Odeon

«Oggi il coraggio è indecente». Il coraggio che una donna deve trovare dentro e fuori di sé per denunciare una violenza sessuale. Perché, alle volte, questo coraggio, da solo, non solo non serve, non basta, ma addirittura è messo sotto accusa; gli interrogatori sono continui, pressanti, e così la vittima finisce per ricoprire i panni dell’imputato. Arrivando ad essere colpevole del proprio aspetto fisico.
Antonio Latella e Federico Bellini riscrivono un caso di cronaca giudiziaria di dieci anni fa: ad Ancona, una giovane donna peruviana subì una violenza di gruppo, denunciò, ma gli imputati furono assolti in secondo grado perché le giudici si appellarono alla sua estetica. «Troppo mascolina», per essere oggetto di violenza sessuale. La Cassazione ribaltò questo giudizio condannando i violentatori.
Ma oggi, a teatro, è tempo di un altro risarcimento: quella vittima è diventata una moderna Wonder Woman, una guerriera. E «Wonder Woman», per la regia di Latella, va in scena martedì 14 gennaio, alle 20.45, al Teatro Odeon-Prandelli di Lumezzane (biglietti 25 euro). Il racconto, immaginato e teatralizzato, di questo caso giudiziario è affidato a quattro giovani attrici: con la bresciana Maria Chiara Arrighini (vista anche al cinema in «Quasi a casa») Giulia Heathfield Di Renzi, Chiara Ferrara e Beatrice Verzotti danno voce, in un dramma visionario, a tutti i personaggi, dalle giudici ai poliziotti di quartiere. E ogni volta, la battaglia per ristabilire la verità è costantemente negata.
Per Maria Chiara Arrighini, 27 anni, diplomata all’Accademia nazionale d’Arte drammatica Silvio D’Amico, la rabbia è stato il primo sentimento scaturito dall’incontro con questa storia: «Poi la rabbia l’ho canalizzata – racconta – l’ho trasformata in un desiderio di lotta, di consapevolezza. Con le mie compagne, abbiamo la possibilità di far emergere una riflessione su una tematica di cui è necessario parlare».
Maria Chiara, quali sono i valori di cui è portatrice la vostra Wonder Woman?
Il coraggio, anzitutto: scegliere di denunciare nonostante il contesto, la situazione sociale che non l’ha protetta. Era una ragazza giovane, si sarà trovata spaesata anche nel dover riconoscere la violenza subita. Noi non siamo educati a riconoscere la violenza perché non la vogliamo vedere.

Da dove nasce l’idea di trasformare la vittima di stupro in una Wonder Woman?
Latella e Benini stavano lavorando a un trittico sui supereroi. Da qui l’idea di Wonder Woman. La ragazza è vittima non solo di violenza sessuale, ma anche della violenza del percorso giudiziario, della violenza sociale per il tipo di sguardo inflitto alle donne.
Dopo «Wonder Woman» quali progetti la aspettano?
Con questo spettacolo siamo in tournée con una quarantina di date. A febbraio, al Teatro degli Angeli di Milano, sarò in scena con un testo di Giovanni Testori, «Interrogatorio a Maria».
Qual è il bilancio dei primi anni dopo il diploma all’Academia?
Sono molto felice. Sto scoprendo cosa mi piace, mi faccio guidare dal desiderio. Il percorso in Accademia è stata un’esperienza di decostruzione e di scoperta importante, anche dolorosa, è stato difficile cominciare a Roma, una città molto diversa rispetto a Brescia. Ma è bello, la vita la immagino come una ricerca continua. Brescia non pensavo l’avrei mai lasciata, ci stavo bene. Dopo il liceo, ho fatto il test a Medicina e non l’ho superato. Ho iniziato Biologia a Pavia, ma poi ho intrapreso la strada della recitazione, e mi hanno presa. Ho fatto i bagagli e sono partita.
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