Manuel Agnelli al Vittoriale: «Da tempo non sentivo questa voglia di cantare»
Un Manuel Agnelli così non lo abbiamo mai visto. Non solo al Vittoriale, dove debutta stasera, ma in assoluto, considerato che le precedenti esibizioni da solista dello storico leader degli Afterhours, risalenti a tre anni or sono, erano state piuttosto spettacoli, con abito da teatro-canzone e l’accompagnamento del sodale Rodrigo D’Erasmo, attraversati dalla voglia di cantare (e raccontare) soprattutto cose di altri.
Quello che andrà in scena nella dimora dannunziana è invece uno show con Agnelli protagonista assoluto all’insegna del proprio repertorio, sebbene ovviamente supportato da una band, che per l’occasione è formata da giovanissimi tipo Frankie e DD dei Little Pieces of Marmelade accanto a musicisti di grande esperienza quali Giacomo Rossetti, il bassista dei Negrita, e la polistrumentista Beatrice Antolini. Abbiamo intervistato l’artista milanese.
Manuel, il progetto è diverso da tutti quelli realizzati in precedenza...
È l’inizio di un nuovo percorso, che mi fa entrare in un’altra dimensione, annunciata da un pezzo che ha vinto il David di Donatello e il Nastro d’Argento per la miglior canzone originale («La profondità degli abissi», parte della bellissima colonna sonora di «Diabolik», ndr) e da altri singoli («Proci», «Signorina mani avanti»), che faranno parte del mio primo album solista, «Ama il prossimo tuo come te stesso» (atteso per settembre, ndr). Da tempo non sentivo questo entusiasmo, questa leggerezza, questa intensità, questa voglia di suonare e cantare.
Cosa c’è in scaletta?
È uno spettacolo che unisce presente e passato. Non ci sono cover, e tutti i brani prescelti fanno parte di me, visto che li ho scritti io nel corso di parecchi anni. Ma verranno suonati con una modalità diversa, anche con una sensibilità diversa; e, credo o forse mi piace pensare, pure con una freschezza notevole. La band d’occasione è un mix di energia giovanile, esperienza e qualità.
Con che criteri l’ha allestita?
Non ho seguito uno schema prestabilito, anche perché non volevo che questo diventasse un progetto professionale troppo ingessato da scadenze, obblighi, routine: in quel campo, ho già dato. Ho invece immaginato un gruppo di lavoro che in futuro potrà anche cambiare agevolmente, oppure no, a seconda delle esigenze. Dei Little Pieces of Marmelade ho avuto modo di verificare personalmente l’energia positiva che generano sul palco (a «X Factor», ndr), di Beatrice Antolini apprezzo da sempre tecnica e qualità. Quando ho conosciuto Giacomo Rossetti, ho invece pensato che fosse l’elemento equilibratore ideale: in lui ho visto le doti giuste per fare da collante. Sono molto contento del sound che realizziamo.
«X Factor» è un capitolo chiuso?
Quella da giudice è stata un’esperienza davvero stimolante, resa straordinaria da una produzione galattica, oltre l’immaginazione. Per tornarci dovrebbe esserci un upgrade, che la renda ancora più stimolante, magari prevedendo la partecipazione alla fase creativa e di impostazione. Altrimenti, non avrebbe senso.
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