Cultura

Luca Micheletti: «In Aiace in scena con la mia bimba, a Londra al galà dell’amico Bocelli»

Enrico Raggi
L’attore, regista e baritono ha aperto la stagione a Siracusa: «Luogo ideale per un teatro che aspira ad essere rito»
Luca Micheletti - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
Luca Micheletti - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
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Il palcoscenico come un banco di macelleria. Sangue, interiora, carcasse animali. L’«Aiace» di Sofocle con cui Luca Micheletti ha aperto da regista e attore la stagione al Teatro Greco di Siracusa - proposto a giorni alterni con «Fedra (Ippolito portatore di corona)» di Euripide e, dal 13 giugno, con la commedia latina «Miles Gloriosus» di Plauto - è dramma interiore e spietata follia affiorati in superficie con visionaria truculenza, ira e debolezza, passaggio d’epoca, tramonto di un mondo epico. «L’abbraccio di pietra di questo emiciclo è unico - spiega Micheletti -. Luogo ideale per chi cerca di ricreare l’infinito con mezzi finiti, per un teatro che aspira a essere rito. Con Aiace muore l’ultimo eroe del mondo antico. È il più umano fra i valorosi. Ho rispettato il testo di Sofocle e l’ho restituito con le parole di oggi».

Il Teatro Greco completamente esaurito per la prima di «Aiace» di Sofocle - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il Teatro Greco completamente esaurito per la prima di «Aiace» di Sofocle - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

Attore, regista, baritono: non le gira la testa?

«A me sembra di fare un mestiere solo, declinato in varie forme. La specializzazione una volta non esisteva, si era artisti a tutto tondo. Il teatro è multidisciplinare. Ho respirato l’aria della mia stirpe; ho vissuto sul palcoscenico come se, ogni volta, fosse un’avventura; ho aperto le finestre al vento nuovo che soffiava. Servono studio, incontri, ricerche, avanguardia, tradizione. Bisogna assorbire diversi saperi, conoscerne il funzionamento, tenerli tutti sotto controllo. Mi considero un attore che canta. Un musicista della voce».

Matrimonio e paternità L’hanno cambiata? Oppure vita e palcoscenico sono due mondi distinti?

«Separati, certo; eppure, nella mia storia, sono anche intrecciati. Già da piccolissimo frequentavo le scene insieme alla mia famiglia; l’altro ieri, alla prima di Aiace, mia moglie Elisa ha firmato i costumi, mentre Arianna, la mia bimba di 15 mesi, ha debuttato ufficialmente nella parte del figlio di Aiace (come il testo prevede). Un altro cortocircuito fra realtà e teatro. La vita cambia, ma non troppo: guardavo alcune fotografie di mio padre che recitava tenendomi in braccio. Nella foto scattata due sere fa, ci sono io con mia figlia. Tutto scorre, tutto è identico: le grandi questioni sono sempre le medesime, lì in agguato nel nostro cuore. Arianna sente musica da quando era nel grembo della madre, Elisa ha fatto l’ultimo concerto incinta di otto mesi e mezzo, mia figlia ci vede spesso cantare, provare, interpretare. Il rapporto con i suoni e con la parola per Arianna è davvero qualcosa di amniotico…».

Che impegni la attendono?

«Il prossimo anno debutterò a Ginevra, nel ruolo di Germont in Traviata (che ho già affrontato in una versione virtuale–cinematografica). Più si eseguono i capolavori e, paradossalmente, più le difficoltà aumentano: si moltiplicano le domande, si fanno scelte più analitiche, si soppesano e capiscono anche le altre diverse possibilità. In luglio canto all’Hyde Park di Londra, in un frequentatissimo gala operistico con Andrea Bocelli. Poi sono all’Arena di Verona per Bohème e Carmen. In settembre torno alla Royal Opera House nelle mozartiane Nozze di Figaro che tanto amo. Frequentavo l’amico Andrea Bocelli da qualche tempo; poi lui ha assistito a una mia recita alla Scala e mi ha invitato nel 2023 al Teatro del Silenzio a Lajatico. L’amicizia è accogliere l’altro nel rapporto con l’ignoto con cui lui ci è venuto incontro. Perché, come dice il poeta Antonio Machado, è camminando che si traccia la strada».

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