Cultura

La memoria tra un premio Nobel e il pop degli 883

Giulia Camilla Bassi
Il coreografo e regista Marco D’Agostin porta in scena «Gli Anni» giovedì a Brescia per Wonderland: l’invito è a guardare la danza come se si stesse leggendo un libro
L'attrice Marta Ciappina in scena con «Gli Anni» © www.giornaledibrescia.it
L'attrice Marta Ciappina in scena con «Gli Anni» © www.giornaledibrescia.it
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Prosegue al Mo.Ca di via Moretto 78, in città, il festival di arti performative Wonderland, grazie al progetto IDRAConnect, che si propone di dare voce ad espressioni artistiche vivaci, libere da barriere e convenzioni. In questa prospettiva, domani – giovedì – il pluripremiato coreografo Marco D’Agostin presenterà il work in progress «Asteroide» (alle ore 17) e alle 21 lo spettacolo «Gli Anni», doppio premio Ubu 2023.

La giornata di domani prevede alle 16 la presentazione dello studio «Un principe - ieri oggi e sempre» di Proxima Res e Tindaro Granata (che oggi – mercoledì – alle 21 saranno in scena al teatro Sant’Afra di vicolo dell’Ortaglia con lo spettacolo «Poetica») e alle 19.30 al Sant’Afra «Cenerentola» con Zaches Teatro. Info e biglietti: wonderlandfestival.it.

Abbiamo sentito D’Agostin.

«Asteroide» debutterà il prossimo giugno al Piccolo Teatro di Milano. Cosa vedremo sul palco?

A Brescia presenterò uno studio, un esperimento performativo che non vuole in nessun modo essere un trailer di quello che sarà, ma l’occasione per mettere alla prova alcuni meccanismi che sto studiando relativi ai modi con cui empatizziamo, da un lato con le questioni scientifiche e dall’altro con quelle sentimentali.

La sera stessa andrà in scena «Gli Anni» (dal romanzo di Annie Ernaux, premio Nobel per la letteratura 2022) il cui racconto è affidato a Marta Ciappina. Quali sono le suggestioni, dagli 883 a Ernaux, che hanno guidato il processo creativo?

Potrei parlare per ore delle suggestioni che hanno dato vita alla creazione dello spettacolo ma partirei proprio dalle due citate: gli 883 e Annie Ernaux. Annie Ernaux è una scrittrice che ha messo al centro del proprio lavoro il rapporto con la memoria biografica. Un rapporto che invita il corpo di ognuno e ognuna ad avvicinarsi e allontanarsi dal passato per guardare da prospettive diverse quello che è stato, nel tentativo di raccontarlo per riviverlo e per risolverlo. La scrittura di Ernaux – ed è quello che tentiamo anche noi di fare in coreografia – prova a risolvere il passato, dandogli una seconda possibilità di vita attraverso l’atto della scrittura. Abbiamo provato ad adottare lo stesso sistema, traslandolo in ambito coreografico. Gli 883 sono invece lì a ricordarci che, nella vita di tutti noi, gli oggetti, anche i più frivoli o quelli che sembrano esserlo, precipitano continuamente all’interno delle nostre giornate e vanno ad insediarsi nei luoghi della nostra memoria a fianco di fatti e sentimenti più grandi con pesi specifici più pesanti. E quindi l’idea che la vita di ognuno possa essere raccontata accostando il leggero al pesante, il grande al piccolo, il microscopico al macroscopico. Il racconto della vita di Marta, che è fatto di eventi che hanno una certa gravità, non poteva essere fatto senza mettere accanto a quella gravità anche la leggerezza di una canzone pop, che in fondo però è in grado di raccontare la nostra vita tanto quanto le parole gravi.

Con quale chiave di lettura suggerisce agli spettatori di approcciarsi alla visione?

La risposta è contenuta nello spettacolo stesso, che si apre con la proiezione delle prime pagine di un romanzo, o meglio delle pagine che anticipano l’inizio di un romanzo, quelle pagine che troviamo in esergo ad ogni libro, che danno indicazioni sulla data di stampa, la dedica dell’autore, il titolo, le pratiche relative in pratica all’utilizzo delle immagini… Ho voluto invitare esplicitamente lo spettatore a guardare la danza come se stesse leggendo un romanzo, in modo da comunicare al pubblico che quello che hanno di fronte è una superficie riflettente sulla quale cercare se stessi. Credo sia un po’ l’approccio con cui tutti ci avviciniamo alla lettura di un libro, per cercare nei personaggi – anche quelli più distanti da noi – qualcosa di noi.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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