«Il primato della bellezza per la Madonna in rosso di Bellini»

Materne e melanconiche, protettive e consapevoli. Saldamente ancorate nella composizione, ma con lo sguardo e l’espressione che tradisce la consapevolezza di un futuro altro. Attraverso le Madonne che dipinse per tutta la vita è possibile leggere in filigrana l’evoluzione della carriera artistica di Giovanni Bellini - patriarca della pittura rinascimentale veneziana e tra i maggiori interpreti mondiali del tema della Madonna con il Bambino - di cui il Museo d’Arte Sorlini di Calvagese della Riviera (MarteS) conserva uno dei massimi esemplari.
Lo racconta Antonio Mazzotta, docente all’Università di Milano, curatore e studioso d’arte veneta e lombarda del Rinascimento, che sabato 19 novembre nelle sale di quella che fu la dimora di Luciano Sorlini sarà relatore dell’incontro «La Madonna in rosso e Giovanni Bellini». Lo abbiamo intervistato.

Prof. Mazzotta, durante l’incontro al MarteS effettuerà una narrazione della storia del capolavoro conservato in provincia di Brescia, anche attraverso una ricca galleria di immagini e confronti. Ci anticipa qualcosa?
Sarà una lezione sulla «Madonna con Bambino dormiente» (olio su tavola, 1470 circa), ma anche l’occasione per ampliare il racconto partendo dalle Madonne degli anni giovanili (la prima nota è del 1450) sino alle ultime, di cui un esempio è la «Madonna col Bambino benedicente», datata 1510 e conservata alla Pinacoteca di Brera. Il soggetto è quello più battuto da Bellini, che lo affronta per tutta la sua vita. Proprio in virtù di questo la carrellata di confronti è interessante e utile a mostrare sfumature e variazioni su un tema, di cui è grazie a Bellini che viene superata l’impostazione ieratica di matrice bizantina.
Come s’inserisce la «Madonna in rosso» nel contesto della produzione generale dell’autore?
Sulla cronologia di Bellini c’è un dibattito tutt’ora aperto, poiché non è nota con esattezza la sua data di nascita. Era trentenne quando dipinse la "Madonna Sorlini", il che rende l’opera ascrivibile alla prima maturità artistica dell’autore. La tavola ha un importante pedigree collezionistico ed espositivo: prima di giungere nell’attuale collocazione era parte della prestigiosa raccolta fiorentina del conte Alessandro Contini Bonacossi ed è stata esposta nella più importante mostra su Bellini, in Palazzo Ducale a Venezia nel 1949.Siamo di fronte a uno degli esiti più alti della mano dell’autore...
L’originalità del dipinto è stata sancita da Roberto Longhi, che ne parla nel suo «Viatico per cinque secoli di pittura veneziana» (1946) citandola come «Madonna in rosso». La storiografia critica, da sempre, indica la "Madonna Sorlini" come la più importante di tutte. Ne sono un esempio i cataloghi ragionati dell’opera belliniana del 1974, 1992 e 1997. L’unica eccezione è quello editato nel 2019, in cui viene posta in secondo piano rispetto a quella del Museo di Castelvecchio a Verona, che con ogni probabilità è una derivazione di bottega dal modello "Sorlini". La relazione di sabato 19 vuole ristabilire l’esatto ordine delle cose.
Quali i punti di continuità stilistica e quali invece gli elementi che vediamo evolvere nelle Madonne belliniane?
La costante è l’enfasi con cui, da grande interprete del tema, Bellini delinea in modo sottile gli atteggiamenti materni e melanconici della figura femminile. A variare sono gli elementi iconografici a corollario della composizione: nella "Madonna Sorlini" il panneggio in cui è avvolto il bambino è trattato come un sudario, ad anticipazione del futuro che l’attende. In altre si trovano simboli come il corallo al collo del bimbo o la mela, riferimenti alla passione e al peccato originale.
Un Bellini "innovatore" della pittura insomma...
Ebbe una vita lunghissima (1427/1430? -1516, ndr) e traghettò la pittura di stampo bizantino allo stile padovano di Donatello, fino al tonalismo veneto di Giorgione e Tiziano. Senza dimenticare la lezione del padre, Jacopo Bellini, e l’influenza "mantovana" del cognato Andrea Mantegna.
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