Botteri: «Protagonismo e buoni affari: la pace secondo Trump»

«Donald Trump ha un’idea di pace totalmente diversa da quella tipica della diplomazia occidentale, alla quale siamo abituati. A lui non interessa il senso profondo di ciò che possa essere la pace, gli interessa raggiungerla per essere protagonista e per fare accordi economici». Quando parla di guerra e di pace Giovanna Botteri prova a rimettere ogni pezzo al punto giusto dello scacchiere. Lo fa nel nome di un solo dio: il giornalismo. Non quello di parte né da tifoseria, ma perseguendo quell’antico vizio della ricerca della verità. Soprattutto in tempi come questi. Con lo stesso piglio Botteri (già inviata del Tg3 e corrispondente Rai da Stati Uniti, Cina e Francia) sarà ospite a Ponte di Legno questa sera per la seconda serata del festival «Il sentiero invisibile». Il tema? «Guerra e pace secondo Donald Trump». Un incontro quanto mai attuale all’alba di questa estate fatta di bombe, tregue e meeting sotto i riflettori. L’abbiamo intervistata.
Giovanna Botteri, all’indomani della sua elezione Donald Trump disse «farò finire la guerra in Ucraina in due settimane». Si aspettava questo suo atteggiamento proattivo?
«Assolutamente sì. Ha fatto e vinto un’intera campagna elettorale sulla base dell’assunto che il suo rapporto con Netanyahu e Putin avrebbe portato alla fine della guerra. Ed è interessante notare che ha continuato su questa linea. Per Trump l’importante è la pace, perché gli accordi economici si fanno in tempi di pace. Non esistono più le vecchie idee romantiche dell’America salvatrice sbarcata in Normandia per liberare l’Europa dal giogo nazista. Non c’è più la narrativa del gigante buono. Anzi, oggi Trump ripete che tutti hanno approfittato dell’America e ha detto basta. La sua posizione è: “Se vuoi qualcosa la devi pagare e devi pagare anche tutto quello che hai avuto finora. Importa fare accordi e fare soldi”».
È davvero uscito a mani vuote dal faccia a faccia con Vladmir Putin ad Anchorage?
«No, per diversi motivi. Innanzitutto si è fatto dire dal presidente russo che se ci fosse stato lui la guerra non ci sarebbe stata, scaricando la responsabilità su Biden. Non a caso, ed ecco il secondo risultato, ha ripetuto che quella è una guerra sbagliata del suo precedessore, il quale gli avrebbe rubato le elezioni. Infine Trump ha fatto capire agli americani e soprattutto al suo elettorato repubblicano-conservatore, che ha sempre considerato l’Unione Sovietica prima e la Russia poi il nemico giurato, che quello non è più un pericolo, che è tutta una bugia e che i nemici sono altri. È una logica completamente diversa a cui non siamo abituati».
La ricerca della pace per soldi, ma anche per accreditarsi come leader mondiale?
«Assolutamente sì. Ma è riduttivo parlare di ritorno dell’imperialismo per descrivere il suo operato. Donald Trump vuole guadagnare il Nobel per la Pace, lo fa impazzire il fatto che l’abbia ricevuto Barack Obama. Ecco perché sull’Ucraina vuole essere lui l’uomo che porta la pace, ecco perché ripete che ha già fatto finire sei guerre. A lui non interessa il senso profondo della pace. D’altronde se in Ucraina la pace è quella di Putin, in Medio Oriente la pace che pare potrebbe delinearsi è quella di Netanyahu, ovvero l’azzeramento di un popolo. La leadership di Trump sembra ormai essere accettata dall’Europa, che ora pare piegarsi: tra dazi che salgono dal 4 al 25%, il 5% del Pil per armare la Nato e centinaia di miliardi che serviranno per ricostruire e riarmare l’Ucraina l’Europa esce da questo confronto letteralmente a pezzi».
Come va inquadrato il vertice trilaterale tra Trump, Zelensky e Putin di cui tanto si parla e poco si conosce?
«Si parla di questo incontro unicamente tramite informazioni di una delle due parti. Ma Mosca non mi sembra pronta ad accettare i soldati della Nato e le armi in Ucraina né a trattare sul territorio. Anzi, dopo tutte le telefonate definite amichevoli Putin non ha concesso una sola cosa, neanche una tregua di due giorni. Prende tempo mentre i suoi stanno lentamente ma inesorabilmente continuando ad avanzare. Bisogna tenere in considerazione che per tre anni e mezzo, nel corso di tutta la guerra in Ucraina, le informazioni che abbiamo diffuso sono state sempre tutte di parte. Per informare correttamente e per avere una visione il più possibile chiara bisogna sentire anche Mosca, perché quello che esce dalla Casa Bianca è spesso assolutamente fuorviante. Invece i media italiani hanno sposato una parte o l’altra, creando molta confusione sulla guerra in corso. Ci ricordiamo quando si diceva che se avessimo dato più armi all’Ucraina si sarebbe ripresa? Che non poteva esserci un accordo prima della pace? Ci ricordiamo il vertice di pace in Svizzera senza la Russia? Erano i tempi della caccia al filoputiniano, delle liste di proscrizione, di Zelensky a Sanremo».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@Buongiorno Brescia
La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.
