Cultura

Fino al 10 luglio si potrà visitare a tu per tu il Polittico Averoldi di Tiziano

Prorogata di 7 giorni la visita a tu per tu all’opera nella chiesa dei Santi Nazaro e Celso in corso Matteotti
A tu per tu con il Polittico Averoldi di Tiziano nella chiesa dei Santi Nazaro e Celsio - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
A tu per tu con il Polittico Averoldi di Tiziano nella chiesa dei Santi Nazaro e Celsio - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
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Per cinque secoli è stato visibile solo dal basso, dallo scorso 28 maggio e adesso ancora fino a domenica 10 luglio lo si può vedere invece eccezionalmente dall’alto, su una struttura sopraelevata ad hoc che porta i visitatori a sette metri di altezza: ad altezza di uno dei capolavori di Tiziano Vecellio.

Così la Collegiata dei Santi Nazaro e Celso di Brescia ha voluto celebrare i 500 anni della posa del Polittico Averoldi, allestito nella chiesa di corso Matteotti esattamente il 31 maggio 1522, dono del legato pontificio a Venezia, il vescovo Altobello Averoldi, bresciano di famiglia e nascita.

A dar corpo all’idea di festeggiare con l’iniziativa «A tu per tu con Tiziano» è stato il critico d’arte Davide Dotti, già curatore di importanti mostre quali, ultima in ordine di tempo, «Donne dell’Arte» che ha appena chiuso i battenti il 12 giugno a Palazzo Martinengo. Il grande successo riscontrato dall’iniziativa ha portato alla proroga dal 3 luglio a domenica 10 della possibilità di un incontro ravvicinato con la pala, con visite (accompagnati da volontari) il venerdì e sabato dalle 10 alle 17.30, e la domenica dalle 11 alle 17.30 (biglietto a 5 euro).

Brescia nel Settecento ha però rischiato di perdere per sempre il polittico del maestro cadorino (firmato «Ticianvs Faciebat/ MDXXII»). Nel 1765 come risulta da una lettera del conte Gianmaria Mazzucchelli - ci racconta Angelo Brumana - i canonici della Collegiata avevano già venduto l’opera per la somma (mirabolante ai tempi) di mille zecchini d’oro al console inglese e collezionista d’arte John Udney. «Trapelata, la notizia aveva creato malumori fra i parrocchiani che chiesero aiuto al capitano e vicepodestà veneto di Brescia», spiega lo studioso. «Pietro Vettor Pisani intervenne in maniera risoluta e mandò a monte l’affare, apponendo alla pala un "San Marco" che equivaleva a dichiarare l’opera di proprietà dello Repubblica Serenissima, e rendendola così, di fatto, inalienabile».

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