Cultura

Fede e bellezza nei dipinti delle collezioni bresciane

Anche Ceruti, Vantini e Celesti tra gli autori delle opere esposte al Museo Lechi
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Piccola e preziosa mostra natalizia, quella offerta ad ingresso libero dal Museo Lechi di Montichiari, che ha fatto uscire dai depositi una dozzina di dipinti di tema sacro realizzati tra il Seicento e l’Ottocento, fino ad ora mai esposti al pubblico anche se ascrivibili ad artisti ben noti. L’esposizione offre l’opportunità di visitare o rivedere la collezione donata da Piero e Luigi Lechi nel 2005 al Comune di Montichiari, e di ripercorrere un pezzo di storia del collezionismo bresciano dei secoli scorsi.

Le opere, infatti - eccetto tre dipinti acquistati da Luigi Lechi in anni recenti - risalgono alle quadrerie di nobili famiglie bresciane come i Valotti, gli Avogadro e i Maffei Erizzo, e sono poi giunte per via ereditaria agli stessi Lechi.

Questa provenienza familiare è confermata dalle tipologie dei pezzi in mostra, quadri "da cavalletto" o di dimensioni ridotte e raffiguranti soggetti devozionali.

Devozione. È il caso della classica rappresentazione della Sacra Famiglia, tradizionalmente donata nei secoli passati come cadeau de mariage in occasione dei matrimoni. In mostra ben tre dipinti con questo soggetto: una «Madonna col Bambino» di Giacomo Ceruti, il Pitocchetto, qui impegnato in uno dei suoi rari dipinti di soggetto sacro. La seconda «Sacra famiglia», firmata e datata 1811, è del bresciano Domenico Vantini, padre di Rodolfo, noto nella nostra città come progettista del cimitero monumentale e di architetture civili. La terza, del veronese Agostino Ugolini e impreziostita da una cornice finemente intagliata, è realizzata con tecnica da miniaturista e colori brillanti e luminosi.

Riferita alla devozione familiare anche la vicenda biblica di «Tobiolo e l’Angelo», qui nella versione del vicentino Antonio Maganza, tema spesso evocato a protezione dell’infanzia. Tra le altre opere, soggetti legati alla meditazione privata e alla penitenza, come la «Madonna addolorata» di Francesco Solimena, la «Sant’Agata visitata in carcere da San Pietro» uscita dalla bottega del milanese Procaccini e caratterizzata da un bell’effetto di controluce, e il «San Gerolamo penitente» di Giovan Battista Langetti, noto come il «principe dei tenebrosi» per l’uso virtuosistico del chiaroscuro di matrice caravaggesca, nella caratteristica variante in voga a Venezia alla fine del Seicento. Immersi nel paesaggio il «San Martino che dona il mantello al povero», dipinto su rame da un fiammingo del Seicento, da osservare con una lente a disposizione dei visitatori; e le «Tentazioni di Sant’Antonio abate», opera di Peruzzini e Magnasco.

Sono invece bozzetti preparatori di Lodovico Gimignani per le due grandi tele dipinte nel 1669 per papa Clemente IX Rospigliosi, e ancora conservate in palazzo Rospigliosi a Roma, i due dipinti con Santa Maria Maddalena de’ Pazzi e San Bernardino, entrati prima del 1814 nella collezione del generale Teodoro Lechi. Assieme ai dipinti di Ceruti e Vantini, tra gli acquisti recenti di Luigi Lechi anche «La fuga in Egitto» di Andrea Celesti, a testimoniare la volontà del mecenate bresciano di dotare la propria collezione, e poi il Museo, di dipinti di autori operanti nella nostra provincia.

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