La poesia, una pelegrìna contro il freddo dolore

Ci sono temi - il dolore, il lutto, la solitudine - che esigono, per essere raccontati con il giusto rispetto, una sensibilità e un tempo adeguati. Il tempo è quello che stiamo vivendo, nel quale l’eco di guerre e stragi si incrocia sul calendario con la ricorrenza che da sempre la nostra tradizione riserva alla memoria di chi non c’è più.
La sensibilità è quella di Lino Marconi, intenso poeta di Chiari che ha nel suo dialetto - una parlata da Ovest bresciano pastosa e antica - una tavolozza evocativa di straordinaria ricchezza.
Nella raccolta «Vademecum» - che ha curato in vista del Natale ’23 e che offre una scelta di testi dal 1980 ad oggi - c’è un delicatissimo inedito intitolato «Védova». Che apre così: «Gh’è piö ’l rumur dei pas nel curidur / gnè chel vergót a bassa us de dis / argót de póch, quase ’n pensér capìt / doma i se möf i laer cunissìc». Quanta intensità nell’evocare la capacità che uomo e donna possono avere di capirsi a bassa voce. E quanto vuoto lascia la mancanza di lui.
Sul piano del linguaggio vi segnalo quel dóma, avverbio che significa «appena». In dialetto bresciano è presente anche nella variante, forse più antica, nóma. Lo stesso termine («nomas») in castigliano significa «non più» e in catalano «soltanto» (proprio come da noi). È discendente del latino «non magis».
E intanto lungo i versi la vedova «la sérca ne ’n cassèt dent al vestàre / la pelegrina de mitìs al còl / ön sò regal, che ’l daghe ’n pit de cald / ades che dent l’è töt ’n’engriminìs». Una sciarpa, regalo di lui, per cercare riparo dal gelo che si sente dentro (engriminìs è un rafforzativo di ’ngrimì, rabbrividire). Un freddo che possono - forse - alleviare solo sensibilità e tempo adeguati. E - certo - la poesia. Grazie, Lino Marconi
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
