E il freddo autunno ci sorprende en spalèta

«Madói, stamatina l’è frèsca». Il vicino di casa in pensione ritira dal marciapiede il bidone della differenziata e si accorge improvvisamente di non essere coperto abbastanza. «Só vignìt föra en spalèta...» ammette, mentre frettoloso torna verso l’uscio di casa.
Sarà anche un autunno più caldo del solito, ma (anche in relazione all’estate più calda e più lunga del solito) lo sbalzo di temperatura di questi giorni si sente. Eccome. La tradizionale e ironica espressione «en spalèta» indica il rimanere in maniche di camicia, senza giacca o cappotto. Senza capospalla, appunto.
Ma anche poter infilare qualcosa sopra la camicia non è sempre garanzia di benessere termico. Anche una giacca può finire per rivelarsi un zichitì inadeguato. Ce lo ricorda Reginaldo da Isorella (a cui il naviglio regala la tradizione di venir definita con elegante ironia «la Venezia della Bassa»), che condivide con la rubrica il ricordo della nonna Annetta. La quale con l’arrivo dell’inverno lo ammoniva: «Va mìa föra en suriulìna».
Cosa intendeva dire? Il vocabolario Melchiori nel 1817 (in sintonia con il milanese Cherubini nel 1814) cita l’espressione «en soriöla» traducendola con l’italiano «in gonnella» o anche «discinto». Il termine potrebbe essere un riduttivo dall’avverbio sóra e quindi evocare l’insufficienza di un capo indossato «sopra» gli altri. Pensate poi che la parola arcaica del dialetto dei nostri nonni per indicare il soprabito era surtù, evidente francesismo dal termine «surtout» che oltralpe significa - appunto - «sopra tutto». Sia quel che sia, stiamo ben coperti. A riidìs.
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