De Angelis: «Il mio Lucrezio espressionista tra Leopardi e i film di Antonioni»

Compie dieci anni «InCerti luoghi», il festival della poesia e del paesaggio promosso sul lago d’Iseo e in Valle Camonica dall’Associazione culturale Molecole. Da un decennio lo conduce con coraggiosa passione la presidente del gruppo, Anastasia Guarinoni, bibliotecaria innamorata della poesia. Per tre giorni - sabato e domenica prossimi, 1 e 2 luglio, e il successivo sabato 8 luglio - la rassegna proporrà incontri con importanti poeti, letture, appuntamenti musicali, visite guidate in luoghi affascinanti e spesso poco noti.
«InCerti luoghi... in amabile azzurro» (titolo di quest’anno) sarà inaugurato sabato alle 18, nel Castello di Gorzone a Darfo Boario Terme. In programma, tra l’altro, le letture di alcune voci poetiche bresciane e bergamasche di rilievo nazionale: Cesare Lievi, Franca Grisoni, Giovanni Peli, Massimo Migliorati, Maurizio Noris.
Domenica 2 luglio il festival si sposterà a Villa Gheza, a Breno. Qui l’ospite più atteso, alle 10.30, è Milo De Angelis, uno dei maggiori poeti italiani, intervistato da Massimo Zenari con letture di Viviana Nicodemo. De Angelis parlerà della sua traduzione del «De Rerum Natura» di Lucrezio, pubblicata da Mondadori. Sarà l’occasione per riscoprire i versi del «poeta filosofico per eccellenza della letteratura latina», destinato a lasciare «una traccia imponente che si protrasse lungo i secoli». La traduzione di De Angelis fa risplendere la forza poetica del capolavoro lucreziano ed è capace di restituirne la sorprendente attualità. Con lui ne abbiamo parlato.
Milo De Angelis, afferma di aver siglato con Lucrezio delle «nozze poetiche». È un autore così importante per lei?
Lo è stato fin dall’inizio, fin dal primo incontro nelle scuole medie. Mi ha subito colpito il suo sentimento della natura, che sento simile al mio: una natura mai bucolica e sempre attraversata da tensioni visionarie. Le descrizioni lucreziane sono impregnate di inquietudine: un incontenibile crescendo tipico della progressione onirica, un tendere verso qualcosa che forze ignote ci impediscono di raggiungere.
Come ha affrontato la lingua «potente e passionale» di Lucrezio e in che modo ha cercato di renderla attuale?
È proprio il senso allucinato della natura che fa di Lucrezio un poeta «espressionista», lontano sia dall’elegia di Virgilio sia dalla compostezza di Orazio. Ho cercato di mantenere intatta questa potenza ossessiva dei suoi versi - senza eludere le ripetizioni o ricorrere a sinonimi - perché è tipicamente lucreziana la ruvidezza martellante, capace di condurci nelle zone più spaventose della nostra esperienza; come nelle pagine sulla peste di Atene, dove il morbo letale viene da oscure lontananze e trasforma la città in un immane macello che non risparmia nessuno.
Scrive che Lucrezio ha insieme «il senso del nulla e il senso dell’infinito»…
Lucrezio è molto chiaro sul destino dell’uomo dopo la sua morte: non ci saranno né premi né castighi, non ci sarà nessuna continuazione della vita presente, non ci sarà nulla. Ma è proprio questo nulla a rendere inestimabile il breve transito sulla terra e a metterci in contatto con le potenze cosmiche e gli spazi sconfinati dell’universo. Lucrezio è maestro nel descrivere questi spazi: le sue immagini della luna, delle nubi o dei pianeti ci danno il brivido dell’infinito.
Afferma anche che possiede «una forza introspettiva vicina alla letteratura del nostro tempo». Può fare un esempio?
Un esempio è il finale del quarto libro, che tratta il grande tema dell’amore. Ebbene, sembra di essere in un romanzo dell’esistenzialismo francese o in un film di Michelangelo Antonioni, dove gli amanti sono rappresentati in questa solitudine estrema, incerti, smarriti, incapaci di dire una parola, vicini eppure irraggiungibili, persi in un desiderio senza oggetto, che vortica su se stesso e non ha pace.
Parla di «un senso della natura impetuoso e costernato». Tra Lucrezio e Leopardi c’è una linea di continuità?
Il legame tra Lucrezio e Leopardi è indubbio perché li accomuna lo stesso senso della natura e lo stesso sdegno di fronte alle facili consolazioni della fede religiosa. C’è poi un momento preciso del poema lucreziano che Leopardi riprende nelle «Operette morali». È il discorso della Natura, verso la fine del terzo libro, di cui ricordo gli ultimi versi: «Occorre nuova materia perché crescano le generazioni future/ che a loro volta, conclusa l’esistenza, tutte ti seguiranno/ e anche loro dovranno cadere, come quelle cadute prima di te./ Gli esseri viventi non cesseranno mai di nascere gli uni dagli altri./ La vita è data in prestito a tutti ma non è proprietà di nessuno».
Il Festival
Dopo gli appuntamenti del 1 e 2 luglio, sabato 8 luglio il festival «InCerti luoghi» si concluderà sulla sponda bergamasca del Sebino. Il ritrovo è fissato alle 14 all’imbarcadero di Pisogne, per attraversare in battello il lago fino a Sarnico. Qui, nell’auditorium comunale, interverrà tra gli altri la poetessa Vivian Lamarque, per un dialogo a partire dalla sua raccolta «L’amore da vecchia» (Mondadori).
Il programma completo di «InCerti luoghi» si può trovare sulle pagine Facebook dell’Associazione culturale Molecole. Gli incontri sono a ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria (per l’8 luglio sono già pochi i posti rimasti): incertiluoghifestival@gmail.com.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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