Cultura

Da 40 anni scatta solo foto istantanee: l’arte della Polaroid formato Valtrompia

Silvano Peroni è un fotografo di base a Sarezzo. Da sabato alcune sue installazioni saranno esposte al Museo della fotografia di Brescia
Il fotografo Silvano Peroni nella sua galleria a Sarezzo, in Valtrompia - Foto © www.giornaledibrescia.it
Il fotografo Silvano Peroni nella sua galleria a Sarezzo, in Valtrompia - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Sul muro campeggia un cartello rosa con l’immagine inconfondibile di una Polaroid, affiancato dal logo della F=AP2 Box Gallery. È l’unico segno distintivo della porta di vetro e inferriate, che per il resto si amalgama bene alle altre case di via Fiume a Sarezzo, in Valtrompia. Dall’ingresso si affaccia un uomo: è il fondatore della galleria, con la barba grigia e un passamontagna di lana nera con cui potreste riconoscerlo in giro per Brescia. Si chiama Silvano Peroni, ha 64 anni e da più di 40 scatta fotografie istantanee, con le quali ha creato una nuova forma d’arte.

Dietro la porta al civico 12 c’è la galleria fotografica che Peroni ha inaugurato nel 2016 adattando un garage di famiglia per esporre le sue immagini e quelle di altri fotografi emergenti e indipendenti. Lo spazio è allestito quasi come se fosse un salotto: dalle tre poltrone vintage in centro si possono ammirare la collezione di 140 macchine fotografiche Polaroid e Fuji e le opere appese alle pareti che hanno reso Peroni uno degli esperti e innovatori italiani della fotografia istantanea, oltre che un punto di riferimento in qualità, oggi, di delegato regionale della Lombardia est per la Federazione italiana associazioni fotografiche (Fiaf).

La galleria fotografica nel garage di Silvano Peroni
La galleria fotografica nel garage di Silvano Peroni

Le opere di Silvano Peroni sono scatti quadrati, 8 centimetri per 8 centimetri, scollati dal negativo (lift-off) e incollati prevalentemente su un cartoncino di 300 grammi, ma anche su altri supporti come sassi, foglie, scontrini e cartoline. Di rado un’istantanea fa opera a sé: più di frequente Peroni reinterpreta un soggetto ricomponendo fotografie delle singole parti o aggiungendo altre immagini e diversi materiali, come terra, bastoncini, polvere. La tecnica di assemblare più istantanee per creare un soggetto risale al mosaico fotografico ideato negli anni Ottanta da Maurizio Galimberti, nome iconico della Polaroid italiana diventato famoso con i suoi ritratti di personaggi come Johnny Depp e Lady Gaga e di opere come il Cenacolo di Leonardo Da Vinci e la Vittoria Alata di Brescia. A differenza di Galimberti, che utilizza il mosaico per riprendere più lati di un soggetto come facevano i cubisti, Peroni utilizza il mosaico fotografico per accostare immagini diverse e trasformare il soggetto iniziale in qualcos'altro. In più, c'è la sua tecnica scoperta quasi per caso nel tentativo di riparare a un errore di fabbricazione. 

Uno dei mosaici fotografici di Peroni
Uno dei mosaici fotografici di Peroni

Il fotografo valtrumplino è innamorato delle Polaroid. Ha cominciato a usarle a 17 anni, quando lavorava in una fabbrica di pentole e posate a Lumezzane: «La fotografia per me è subito stata una valvola di sfogo. Ero molto timido da ragazzino e fotografare è diventato il mio modo di esprimermi» racconta. La prima macchina arriva alla comunione, un regalo dei genitori che riesce a scalzare la delusione per aver dovuto abbandonare la squadra degli allievi del Brescia Calcio per andare a lavorare. Si appassiona al mondo delle immagini da autodidatta, ma è al Cinefotoclub di Brescia che trova i primi modelli. «Portavo istantanee che ritraevano le teste delle bambole di mia sorella, mentre lì si stava sviluppando il neorealismo bresciano. Io ero più interessato a un filone concettuale, ma il Cinefotoclub mi ha dato i primi stimoli artistici» ricorda il fotografo.

La prima Polaroid
La prima Polaroid

Sono gli anni Settanta e Ottanta e la passione popolare per le macchine fotografiche istantanee con pellicole autosviluppanti brevettate nel 1929 dalla Polaroid Corporation e sviluppate poi da Edwin H. Land è già ampiamente diffusa. Nel settore però i fotografi usano le Polaroid soprattutto come strumento di lavoro: lo scatto istantaneo serve per verificare per esempio il bilanciamento delle luci prima dello scatto definitivo con la macchina analogica. Peroni la usa invece come macchina principale. 

La sua svolta artistica arriva molto più tardi, dopo il fallimento della Polaroid Corporation nel 2008. «Nello stesso periodo venne fondata la Impossible Project, un’azienda olandese che pure produceva fotocamere e pellicole istantanee e che nel 2017 ha comprato la proprietà intellettuale e il marchio Polaroid - spiega Peroni -. Aveva però un difetto: lo sviluppo delle immagini ad acqua invece che con gli acidi faceva sì che l’immagine continuasse a svilupparsi e svanisse progressivamente». Per salvare l’istantanea il fotografo prova quindi a separare la pellicola trasparente dal negativo e a incollarla su un cartoncino. Il risultato somiglia più a un acquerello o a un dipinto che a una fotografia, l’esperimento riesce e diventa la cifra stilistica di Peroni. «Avevo subito segnalato alla Impossible Project il problema. In tutta risposta mi hanno chiesto di collaborare girando per l’Italia e in alcune capitali europee per spiegare la tecnica che avevo trovato» dice. 

  • Alcune opere e macchine fotografiche di Silvano Peroni
    Alcune opere e macchine fotografiche di Silvano Peroni
  • Alcune opere e macchine fotografiche di Silvano Peroni
    Alcune opere e macchine fotografiche di Silvano Peroni
  • Alcune opere e macchine fotografiche di Silvano Peroni
    Alcune opere e macchine fotografiche di Silvano Peroni
  • Alcune opere e macchine fotografiche di Silvano Peroni
    Alcune opere e macchine fotografiche di Silvano Peroni
  • Alcune opere e macchine fotografiche di Silvano Peroni
    Alcune opere e macchine fotografiche di Silvano Peroni
  • Alcune opere e macchine fotografiche di Silvano Peroni
    Alcune opere e macchine fotografiche di Silvano Peroni

La prima opera realizzata con la nuova tecnica ritrae una modella milanese, che rimarrà quasi un unicum nei soggetti scelti da Peroni: «Raramente mi limito a un unico scatto. Di solito ho in mente un progetto, che poi realizzo componendo le diverse fotografie». Per esempio, un lavoro durato 7 anni (Instant Mail Art Collection) in cui le fotografie venivano incollate su cartoline e inviate ad altri appassionati di istantanee. 

Un lavoro intenso è quello dedicato al figlio Alessandro, 34 anni, portatore di autismo. Si intitola «Insight - Visione interna» e comprende una serie di coppie di pellicole e negativi, sviluppati anche con l’uso della carta d’alluminio, con Alessandro come soggetto. «Il suo corpo è lacerato in varie parti per mostrare quello che mio figlio vorrebbe esprimere e non può e come mi sento io, da genitore - spiega Peroni -. Alessandro è nudo anche perché abbiamo voluto portare in questo lavoro il tema della sessualità delle persone con autismo e con disabilità, di cui non si parla mai». 

  • Insight - Visione interna di Silvano Peroni
    Insight - Visione interna di Silvano Peroni
  • Insight - Visione interna di Silvano Peroni
    Insight - Visione interna di Silvano Peroni
  • Insight - Visione interna di Silvano Peroni
    Insight - Visione interna di Silvano Peroni

Ma ci sono poi le scansioni delle istantanee con stampa fine art in collaborazione con Pétit Photo di Felice Andreoli, le immagini incollate sugli scontrini fiscali per il progetto Tax Receipts, i soggetti erotici accostati a temi più cupi o ironicamente alle Ferrari a Maranello.

Alcuni di questi scatti saranno esposti da sabato 14 gennaio al 5 febbraio al Museo nazionale della fotografia di Brescia nell’ambito di una mostra allestita nello spazio riservato ai soci del Cinefotoclub, parallela a quella collettiva del Torre Foto Club, «Obiettivo Lucio Dalla». Il titolo dell'esposizione di Peroni è «Back from the future, welcome to paradise» e comprende tre progetti di mosaici fotografici con immagini generate anche dall’intelligenza artificiale. «Quello di Silvano è un progetto molto bello, perché mescola in una sorta di ossimoro la fotografia istantanea, quindi una foto unica, che si può tenere in mano, con l'immagine digitale, che invece è riproducibile all'infinito - spiega Luisa Bondoni, storica e critica fotografica e curatrice del Museo nazionale della fotografia di Brescia -. In più, Peroni lavora per portfoli, quindi per progetti: non c'è uno scatto unico, ma una serie di fotografie vanno a comporre un'opera che così si fa più complessa e approfondita».

Per Peroni la mostra a Brescia è un'altra occasione di sperimentare, nella convinzione che l'intelligenza artificiale rappresenterà una grossa parte del futuro della fotografia. Ad ascoltarlo però si ha l'impressione che la sua vera sorgente resti il mondo reale, anche quando non si vede. Come le visioni interne di Alessandro.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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