«Il Sapiens e le sue rivoluzioni»: la conferenza di Guerri a Sirmione

Il Festival della Bellezza ritorna sul Garda. Dopo i due incontri di agosto nell’anfiteatro del Vittoriale a Gardone Riviera, la rassegna ha scelto un’altra scenografia spettacolare: le Grotte di Catullo a Sirmione. Dopodomani, sabato, alle 19 il sito archeologico ospiterà la conferenza dello storico Giordano Bruno Guerri, presidente del Vittoriale degli Italiani, su «Il Sapiens e le sue rivoluzioni». Nella sua conversazione, lo studioso trarrà spunti dal libro «Storia del mondo. Dal Big Bang a oggi», pubblicato alcuni mesi fa con La Nave di Teseo. L’abbiamo intervistato.
Professor Guerri, cosa dirà a Sirmione?
In genere amo raccontare aneddoti istruttivi sulla storia del mondo, perché il libro è un’impresa di 400 pagine, impossibile da condensare in un’ora. Alcuni episodi, tuttavia, sono particolarmente significativi, soprattutto se si riflette su quelli non avvenuti: cosa sarebbe accaduto se Gengis Khan non fosse morto sul punto di arrivare all’Oceano Atlantico, dopo aver attraversato tutta l’Asia e l’Europa? O se non ci fosse stato il popolo dei Parti a separare l’impero romano da quello cinese ai tempi di Augusto, e i due imperatori si fossero potuti incontrare e conoscere? La cosa fondamentale, per me, è sempre non annoiare.
Alcuni punti salienti del discorso?
Anzitutto la fascinazione della preistoria, perché in quel periodo l’uomo ha fatto le sue scoperte più importanti. Ha cominciato a parlare, ha creato l’agricoltura, ha sviluppato il gusto della bellezza, come vediamo dai dipinti conservati nelle grotte.
Cominciano fin da allora le rivoluzioni dei Sapiens?
Sì. La prima è stata quella cognitiva, poi è venuta quella agricola e infine la più importante di tutte, quella scientifica nella quale ci troviamo tuttora: una rivoluzione della conoscenza. La rivoluzione industriale è stata solo uno dei suoi frutti.
Cosa intende per rivoluzione cognitiva?
Sappiamo che il Sapiens si distingue per l’andatura eretta e il pollice opponibile. È vero, sono fondamentali; ma il Sapiens è stato soprattutto il primo a imparare a parlare. Non si impose sul Neanderthal perché era più forte, ma proprio perché il linguaggio gli dette un vantaggio determinante per la caccia e la vita sociale.
È la sua capacità di immaginare a distinguerlo dagli altri esseri viventi?
Sono, più in generale, la capacità e la volontà di cambiare. Gli altri animali non cercano il cambiamento, se non per necessità. Il Sapiens è curioso, intraprendente, fantasioso, creativo: questa è la nostra forza.
Lei valuta come “minori” le rivoluzioni francese o sovietica…
Per l’impatto che hanno avuto nella storia dell’umanità. Le rivoluzioni agricola e scientifica hanno riguardato tutti, per sempre. Quella francese è importantissima e io l’amo in modo particolare; ma non ha riguardato tutti, probabilmente nemmeno per sempre, perché il concetto di libertà, e ancor più quelli di uguaglianza e fraternità, possono cambiare. La rivoluzione sovietica è stato un inciampo della storia, una filosofia male applicata che si è suicidata dopo pochi decenni.
E nel futuro? La tecnica non ha superato la nostra capacità di controllarla?
Io non credo che all’uomo possa sfuggire il controllo delle cose che crea. Certo, si può scatenare un conflitto e tirare una bomba atomica, ma avviene sempre per volontà umana. Lo stesso vale per l’intelligenza artificiale: non saranno le macchine a prendere il potere.
Viviamo ancora un’epoca di guerre e stragi: siamo davvero così evoluti?
Non lo siamo, ancora adoperiamo la clava. Il mestiere più antico del mondo è la guerra, che ancora oggi scoppia per il possesso del territorio. È incredibile ritrovarsi a uno stadio così primitivo. Ma è normale, l’evoluzione è lenta e in fondo esistiamo da appena 300mila anni, un’inezia nel tempo. Fra altri 300mila anni sarà meglio…
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