Cultura

«Con Severino, interrogo la scienza sull’esistenza dell’uomo oltre questa vita»

Ines Testoni, già allieva del filosofo bresciano, anticipa in contenuti dei «Dialoghi sull’eternità»
La studiosa bresciana Ines Testoni - © www.giornaledibrescia.it
La studiosa bresciana Ines Testoni - © www.giornaledibrescia.it
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Emanuele Severino amava citare Eraclito: «Attendono gli uomini, quando sian morti, cose che essi non sperano né suppongono». È uno snodo centrale della sua filosofia, come ribadì anche al nostro giornale: «Che l’esistenza dell’uomo si prolunghi all’infinito oltre questa vita, questo è uno dei centri del mio discorso».

Ines Testoni, che di Severino è stata allieva, ha messo questo discorso al centro di «Dialoghi sull’eternità», la serie di «Confronti tra filosofia, religione e scienza» sul fine vita che inizierà martedì prossimo, 2 maggio, nel salone Vanvitelliano di palazzo Loggia a Brescia (il programma completo su oltrelafine.it).

I cinque incontri hanno il patrocinio del Comune di Brescia e il sostegno di Onoranze Funebri Generali. La bresciana Ines Testoni, che li ha ideati con l’ausilio organizzativo di Paolo Panizza, insegna Psicologia sociale all’Università di Padova, dove dirige il Master in Death Studies and the End of Life.

Canova, monumento funebre a Maria Cristina d’Austria - © www.giornaledibrescia.it
Canova, monumento funebre a Maria Cristina d’Austria - © www.giornaledibrescia.it

Prof. Testoni, Brescia non ha elaborato a sufficienza il trauma della pandemia?

Le morti da Covid, avvenute lontano dalle famiglie, hanno creato un lutto traumatico e difficile da elaborare. Con questi incontri cerchiamo anche di suscitare una presa di coscienza collettiva rispetto al fatto che ci mancano le categorie relative alla morte e al morire. I linguaggi scientifico e religioso sembrano in conflitto l’uno con l’altro e in questo modo non aiutano le persone a rintracciare, nel momento del dolore più profondo, la possibilità di un linguaggio condiviso che ne permetta l’elaborazione.

Agli anziani è dedicato il primo incontro, con il geriatra Renzo Rozzini e lo psichiatra Diego De Leo…

In quei giorni, una delle sensazioni fra le più terribili, sulla quale ho pubblicato articoli scientifici, è stata che l’anziano in qualche misura dovesse morire prima di un giovane: si è arrivati infatti a situazioni nelle quali si doveva scegliere a chi installare l’apparecchiatura necessaria per salvare la vita. Si è aperto proprio in quei giorni il tema della dignità dell’anziano. Per questo abbiamo voluto iniziare con una riflessione sull’essere anziano, e anche su come invecchiare bene e senza morire di solitudine.

Perché ha voluto la testimonianza di don Marco Mori (il 9 maggio) sul «lutto senza corpo» nei giorni del Covid?

Sono impegnata nella creazione di un dialogo tra le indicazioni di Emanuele Severino e il cristianesimo. A partire da questa posizione, sono convinta che sia possibile creare ponti con scienza e religione.

Cos’hanno da dire sul tema un fisico (Federico Faggin, 17 maggio) e un medico anestesiologo (Enrico Facco, 30 maggio)?

Lavorano entrambi sulle Near-death Experiences e gli Out of Body Experiences, vale a dire le esperienze premorte e quelle fuori dal corpo. Faggin affronta questa tematica a partire da un’esperienza personale: parla della possibilità di esistere oltre il corpo, offrendone una spiegazione che fa riferimento alla teoria quantistica. Facco lavora su condizioni che possono essere prodotte attraverso l’ipnosi, dimostrando come, a seconda di come moduliamo diversi stati di coscienza, possiamo addirittura sottostare a interventi chirurgici senza bisogno dell’anestesia.

Sembrano esperienze limite...

Li ho invitati perché vorrei che fosse chiaro che la scienza non ha un’unica epistemologia. Se si parte dall’eternità dell’essente teorizzata da Severino, non diventano più sorprendenti stati di coscienza definiti «non ordinari».

Ci sono dunque «strategie per fronteggiare la morte» (ne parlerà il filosofo Umberto Curi il 23 maggio), ma pure la domanda su cosa sia ciò che chiamiamo «morte»...

Entrerò proprio nel merito di come ci presentiamo la morte e di come le sue diverse rappresentazioni attivino o meno i livelli di ansia e angoscia. Se riusciamo a significare la morte in un modo non nichilista, essa può diventare un’ulteriore nascita, perché è un affacciarsi all’eternità. 

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