Severino avvertì del rischio Terza guerra mondiale

«Credo di essere l’unico a sostenere, sin dal 1989, che, sia pure continuando in forma diversa, il bipolarismo - cioè la competizione tra Usa ed ex Urss - non è mai venuto meno. E il motivo è che non è mai venuta meno la capacità dell’arsenale nucleare russo di competere con quello americano». Sono passati esattamente vent’anni da quando Emanuele Severino scrisse queste parole nella prefazione al suo libro «Téchne - Le radici della violenza», pubblicato per la prima volta nel 1979. Parole di estrema attualità alla luce della guerra in Ucraina e più che mai profetiche di fronte ai rischi che tutto il mondo sta correndo. Per il filosofo bresciano, infatti, «non si è capito che la fine del socialismo reale non era la fine di quell’apparato tecnologico che all’Est avrebbe dovuto salvaguardare il socialismo marxista, ma che, per salvare la propria capacità competitiva rispetto all’Occidente, ha finito col togliere di mezzo l’intralcio costituito appunto dal marxismo».
Una «guerra di retroguardia»
Sul tema Severino è intervenuto anche in anni più recenti e in particolare nel novembre del 2016 in un ciclo di incontri organizzato all’Università di Padova nell’ambito del master «Death Studies & the End of Life». In questo contesto ha parlato di Terza guerra mondiale come di una «guerra di retroguardia», per distinguerla dal conflitto primario che a suo avviso era già in atto: quello tra le forze che pensano di servirsi dell’apparato tecnoscientifico da un lato e la stessa tecnica dall’altro. Questa conflittualità primaria nel suo pensiero è destinata a prevalere e a spingere al tramonto la conflittualità di retroguardia, con annesso appunto il rischio di una Terza guerra mondiale (che però per il momento permane). Questo perché le grandi forze che vogliono realizzare i propri scopi «possono confrontarsi e tentare di prevalere le une sulle altre solo servendosi dello strumento più potente a disposizione dell’uomo, ossia la tecnica». Senonché la tecnica, che non ha un suo scopo determinato, ma ha come proprio fine l’incremento della capacità di realizzare scopi, «intende aumentare all’infinito la propria potenza», andando in contrasto con gli scopi determinati di queste stesse forze. Il potenziamento dello strumento diventa così il primo scopo, mentre tutti gli altri man mano impallidiscono: la tecnica da servo diventa padrone.
La conflittualità tra le varie forze tuttavia non è ancora scomparsa dalla faccia della Terra: ognuna di loro cerca di potenziare lo strumento tecnico. «E qui è un gioco al rialzo - ribadisce Severino - perché, se non intendono farsi sorpassare da un’altra, devono a loro volta potenziare quella frazione dell’apparato tecnico di cui esse si servono». Un «gioco», tuttavia, che nell’era atomica è diventato sempre più pericoloso e che lascia con il fiato sospeso. Ora più che mai.
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