«Con l’aiuto dell’intelligenza artificiale sveleremo lingua e scrittura dei camuni»

Tiziana Cittadini è la nuova presidente del Centro camuno di studi preistorici, fondato nel 1964 a Capo di Ponte da Emmanuel Anati, il precursore di tutte le ricerche sulle incisioni rupestri di Valle Camonica. Cittadini era già da dieci anni direttrice del Centro, ma il suo rapporto con le rocce incise è di lunga data: «Me ne occupo da almeno 55 anni. Nel 1979 ho scritto, su indicazione del professor Anati e con i funzionari di Regione Lombardia, la richiesta per il loro inserimento nella lista del Patrimonio Unesco».
Architetta, ha progettato molti parchi camuni di arte rupestre. Dal 1988 dirige anche la Riserva naturale delle incisioni rupestri di Ceto-Cimbergo-Paspardo. Ora intende lavorare per inserire forze nuove: «Uno degli obiettivi che ci siamo prefissati - afferma - sarà quello di coinvolgere il più possibile le giovani generazioni».

Dottoressa Cittadini, quali sono i nuovi orizzonti della ricerca?
Non si può più fare ricerca da soli, bisogna uscire: per noi ha voluto dire entrare nelle reti internazionali e collegarci con le università italiane ed europee. La ricerca deve espandersi con progetti sinergici, aiutando i nuovi studiosi e dando loro gli strumenti per fare ricerche approfondite, che abbiano anche una ricaduta effettiva sui territori.
Ricerche intorno a quali tematiche?
Bisogna dare risposte a temi che finora erano trattati a livello soggettivo e non oggettivo. Approfondendo tematiche come la zooarcheologia, la zoobotanica, la lingua e le origini della scrittura dei Camuni… Tutte questioni che studieremo insieme alle università. Con quella di Augusta stiamo imbastendo un nuovo progetto sull’intelligenza artificiale applicata all’archeologia e all’arte rupestre.
Continueranno le missioni archeologiche?
Abbiamo da poco fatto accordi con il Kirghizistan per supportarli con dei ricercatori: loro sono venuti già due volte e noi torneremo laggiù probabilmente in giugno e luglio. Quella delle missioni è una tradizione del Centro. Abbiamo accumulato una quantità enorme di materiali, tant’è che siamo all’interno del Pnrr proprio con l’obiettivo di metterne una parte a disposizione di chi vorrà studiarli. I dati immagazzinati nei database devono cominciare a parlare, interrelandosi tra di loro.
Tutto questo lavoro colloca la storia dei Camuni in un contesto molto più ampio?
In Valle Camonica ci sono simboli che ritroviamo identici in Inghilterra, Russia, India… a testimonianza del fatto che la valle era inserita in una grande rete di comunicazione. L’uomo di Similaun aveva armi che si vedono incise sulle rocce camune. Le popolazioni preistoriche ci appaiono perfino più dinamiche di noi: i progetti in corso cercano proprio di ricostruire i loro percorsi, le molte sinergie e comunanze. Per metterle a disposizione della collettività.
L’altro aspetto da sviluppare è la comunicazione…
È il tema cardine sul quale vorrei lavorare nei prossimi anni. Il Centro camuno non è capace di comunicare, deve imparare a farlo per rendere le nostre incisioni un patrimonio comune. Bisogna fare lo sforzo di trasformare gli studi scientifici in parole semplici e divulgative, per farli entrare nelle conoscenze di tutti.
Servono risorse. Ci sono?
Più dei soldi, manca fantasia. Dobbiamo rivolgerci a settori come l’informatica o l’intelligenza artificiale, e creare anche con essi nuove sinergie. Usare app e realtà aumentata per comunicare i contenuti, far superare la difficoltà di entrare nei musei delle aree archeologiche. Le risorse si trovano se si hanno le idee.
Ci sono ancora molte rocce incise da scoprire?
Sì, ma le nuove rocce che troviamo non portano stravolgimenti cronologici o tipologici. Il 90 per cento dei loro significati simbolici è ancora da chiarire. Si sta inoltre cercando di capire la loro estensione: ci hanno appena segnalato una bellissima roccia a quasi duemila metri d’altezza. Non abbiamo ancora definito il perimetro del fenomeno, che ha una diffusione amplissima. Anche questo è un capitolo ancora da scrivere.
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