Cinema

Norimberga, in sala il film con un Russell Crowe «da Oscar»

Cristiano Bolla
L’attore interpreta Hermann Göring, alto gerarca nazista ritratto nei giorni del «processo ai vinti» alla fine della Seconda Guerra Mondiale
Russel Crowe in Norimberga
Russel Crowe in Norimberga
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Arriva in sala il 18 dicembre 2025 «Norimberga», film che sceglie di avvicinarsi a uno dei passaggi più delicati del Novecento senza puntare subito sul «colpo di scena» storico, ma mettendo lo spettatore dentro una stanza chiusa, dove le parole pesano quanto i documenti e dove il male non si presenta sempre con i tratti caricaturali che ci piacerebbe riconoscere al primo sguardo.

Il film 

Scritto e diretto da James Vanderbilt, qui al suo secondo lungometraggio dopo «Truth – Il prezzo della verità», il film torna a un’idea di cinema che usa la ricostruzione per interrogare il presente, affidandosi a un cast di primissimo piano e a un protagonista atteso soprattutto per la prova attoriale più rischiosa: Russell Crowe nei panni di Hermann Göring.

La trama parte da un punto di vista meno battuto rispetto ai resoconti classici del processo: quello di Douglas Kelle, interpretato dal premio Oscar Rami Malek, psichiatra dell’esercito americano incaricato di valutare lo stato mentale dei principali gerarchi nazisti detenuti in attesa del dibattimento.

Il cuore drammatico è il confronto con Göring (Crowe), che nel film prende la forma di un duello psicologico fatto di seduzione, manipolazione e resistenza morale, mentre sullo sfondo prende corpo il tribunale internazionale che porterà al processo di Norimberga. Accanto a Malek e Crowe ci sono Michael Shannon nei panni di Robert H. Jackson, figura centrale dell’accusa americana, e un cast che include anche, tra gli altri, Leo Woodall, John Slattery e Richard E. Grant.

Performance «da Oscar»

La curiosità intorno al film è cresciuta anche grazie alle prime tappe pubbliche: la premiére al Festival di Toronto ha registrato un’accoglienza calorosa in sala, e una parte della critica internazionale ha già messo l’accento sulla scelta di non «semplificare» il personaggio di Göring, che proprio nella sua apparente normalità – charme, intelligenza, capacità di imporsi – diventa ancora più disturbante.

In questa prospettiva, la performance di Russell Crowe già definita «da Oscar» dalla stampa di settore è uno degli elementi più attesi: il suo Göring non è soltanto il «mostro» da manuale, ma un uomo capace di usare la parola come arma, di misurare l’ambiente, di cercare spiragli per imporre la propria narrazione anche da sconfitto.

Storia

È qui che il film si intreccia con la storia vera, e vale la pena ricordarla con precisione, perché Norimberga non fu un semplice «processo ai vinti», ma un passaggio fondativo del diritto internazionale contemporaneo. L’International Military Tribunal nacque con l’Accordo di Londra dell’8 agosto 1945 e con la Carta allegata che definiva giurisdizione e categorie di reato.

Il procedimento contro i principali criminali di guerra si aprì il 20 novembre 1945 e arrivò ai verdetti il 1 ottobre 1946: la struttura accusatoria ruotava attorno a quattro capi – cospirazione o piano comune, crimini contro la pace, crimini di guerra e crimini contro l’umanità – e l’impianto probatorio si basò anche su un’enorme quantità di documenti prodotti dagli stessi apparati nazisti. In un’aula multilingue, inoltre, divenne cruciale l’uso della traduzione simultanea per far procedere interrogatori e deposizioni con quattro lingue di lavoro.

Hermann Göring

Dentro questo quadro, Hermann Göring era un imputato «simbolo» e, insieme, un nodo politico. Fu tra le figure più potenti del regime: comandante in capo della Luftwaffe e, dal 1936, plenipotenziario del «Four Year Plan», con un potere decisivo sulla macchina economica e industriale orientata alla guerra.

La sua responsabilità attraversa passaggi chiave della persecuzione antiebraica anche sul piano amministrativo e finanziario: dopo la Notte dei Cristalli il regime impose alla comunità ebraica una ammenda collettiva di un miliardo di Reichsmark, mentre vennero varati provvedimenti che accelerarono l’espropriazione e la marginalizzazione degli ebrei tedeschi.

Göring, inoltre, firmò nel 1941 una lettera che incaricava Reinhard Heydrich di predisporre un piano complessivo per la «soluzione finale della questione ebraica» nell’area d’influenza tedesca in Europa, documento spesso richiamato dagli storici per fotografare la catena di comando e la formalizzazione burocratica del genocidio.

Il processo

Al processo, Göring fu imputato su tutti e quattro i capi e riconosciuto colpevole. Condannato a morte, evitò l’impiccagione suicidandosi con il cianuro la notte prima dell’esecuzione, un dettaglio che racconta quanto il controllo dell’immagine e dell’ultima mossa fosse parte integrante del personaggio.

Ed è probabilmente questo il punto in cui «Norimberga» concentra la sua tensione: non l’enumerazione dei crimini, già consegnata alla storia, ma l’attrito tra chi deve ricostruire la verità e chi, anche sconfitto, prova ancora a deformarla.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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