Cinema

Avatar torna in sala: tre motivi per cui ha cambiato la storia del cinema

Cristiano Bolla
Con Fuoco e Cenere, il regista James Cameron ci riporta sul pianeta Pandora, per un nuovo viaggio immersivo e rivoluzionario
Il terzo capitolo di Avatar esce in Italia il 17 dicembre
Il terzo capitolo di Avatar esce in Italia il 17 dicembre
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Il grande schermo si prepara a riaccogliere Pandora. Dal 17 dicembre «Avatar: Fuoco e cenere» arriva nelle sale italiane, segnando un nuovo capitolo nella saga fantascientifica di James Cameron che ha profondamente rivoluzionato il modo di fare e vivere il cinema nel XXI secolo. Non è una semplice uscita: è un film evento, uno di quegli appuntamenti capaci di attirare spettatori anche molto diversi tra loro, dagli appassionati di spettacolo agli spettatori occasionali. A oltre quindici anni dal primo film, il ritorno di Jake Sully, Neytiri e della loro famiglia diventa l’occasione per guardarsi indietro e capire perché «Avatar» non sia stato soltanto un successo, ma un vero spartiacque nella storia recente del cinema.

La saga è iniziata ufficialmente nel 2009, quando Cameron ha portato sullo schermo il pianeta immaginario di Pandora dopo un lungo periodo di gestazione. «Avatar» è diventato immediatamente un fenomeno globale, capace di incassare quasi tre miliardi di dollari in tutto il mondo e di conquistare il primato di maggiore successo commerciale nella storia del cinema, record strappato a «Titanic» anch’esso diretto da Cameron e che detiene ancora oggi. Un risultato che sembrava difficilmente replicabile e che invece viene confermato nel 2022 con «Avatar: La via dell’acqua», secondo capitolo della saga, che supera i 2,3 miliardi di dollari di incasso globale.

Il regista James Cameron con la moglie Suzy alla prima europea del nuovo Avatar - Foto Epa/Teresa Suarez © www.giornaledibrescia.it
Il regista James Cameron con la moglie Suzy alla prima europea del nuovo Avatar - Foto Epa/Teresa Suarez © www.giornaledibrescia.it

Questo successo non è nato dal nulla, ma si inserisce in un percorso preciso nella carriera di James Cameron. Già con «The Abyss» alla fine degli anni Ottanta, il regista aveva sperimentato effetti visivi innovativi per l’epoca, portando sullo schermo creature digitali mai viste prima. Con «Terminator 2: Il giorno del giudizio» aveva dimostrato come la computer grafica potesse diventare parte integrante del racconto, mentre con il già citato «Titanic» aveva unito spettacolo tecnico e racconto emozionale, realizzando uno dei film più popolari di sempre. «Avatar» nasce proprio dall’incontro tra queste esperienze: la spinta tecnologica, l’ambizione narrativa e la volontà di creare un mondo credibile e immersivo.

«Avatar» però non ha cambiato la storia del cinema soltanto grazie agli incassi. Sono sostanzialmente tre i grandi meriti della saga. Il primo motivo riguarda l’uso del 3D. Prima del 2009, il tridimensionale era spesso considerato un effetto secondario, talvolta fastidioso, utilizzato più per attrarre pubblico che per arricchire davvero la visione. Cameron ha ribaltato questo approccio, progettando «Avatar» fin dall’inizio come un film in 3D, pensato per dare profondità agli spazi, ai movimenti e alle emozioni. Il risultato è stato un livello di immersione che ha convinto milioni di spettatori a tornare in sala e ha spinto l’industria a investire massicciamente in nuove tecnologie di proiezione, cambiando per anni il volto dei blockbuster.

Il secondo motivo riguarda il rapporto tra attore e personaggio digitale. Con «Avatar», la performance capture ha raggiunto un livello mai visto prima. Gli attori non prestano solo la voce o i movimenti, ma trasferiscono sullo schermo espressioni, sguardi e sfumature emotive complesse. I Na’vi non sono semplici creature digitali, ma personaggi credibili, capaci di emozionare il pubblico. Questo ha allargato i confini della recitazione cinematografica, dimostrando che anche attraverso corpi interamente digitali è possibile raccontare storie umane e coinvolgenti.

Il terzo motivo riguarda l’idea di cinema come esperienza collettiva. «Avatar» ha dimostrato che l’innovazione tecnologica può trasformare un film in un evento culturale globale. In un’epoca in cui la visione domestica e lo streaming mettono in discussione il ruolo delle sale, la saga di Cameron ha riportato il pubblico al cinema, sottolineando il valore dello schermo grande, del suono immersivo e della visione condivisa. «Avatar» ha ricordato che il cinema può ancora essere un luogo di meraviglia e scoperta e lo ha ribadito anche nel 2022, quando il cinema stava iniziando a riprendersi dopo i due catastrofici anni segnati dalla pandemia da Covid-19 e dalla chiusura delle sale.

La trama

«Avatar: Fuoco e cenere» prosegue questa eredità ampliando ulteriormente l’universo narrativo di Pandora e spingendo la saga verso territori inediti, sia sul piano del racconto sia su quello visivo. Il film torna a seguire Jake Sully e Neytiri dopo gli eventi di «Avatar: La via dell’acqua», mettendoli di fronte a nuove minacce che non arrivano soltanto dall’esterno, ma anche da tensioni interne al mondo dei Na’vi. Al centro della storia resta la famiglia, elemento sempre più centrale nella saga, chiamata ancora una volta a resistere a un conflitto che mette in discussione equilibri, alleanze e identità.

Tra le principali novità narrative c’è l’introduzione di nuove popolazioni Na’vi, in particolare il Popolo della Cenere, un clan legato simbolicamente e visivamente all’elemento del fuoco. A differenza dei Metkayina, legati all’acqua e protagonisti del secondo film, questa nuova comunità promette di mostrare un volto più duro e conflittuale di Pandora, ampliando la gamma morale della saga e superando la tradizionale divisione tra bene e male. Il contrasto tra acqua e fuoco diventa così non solo un elemento spettacolare, ma anche una chiave tematica del racconto, riflettendo scontri ideologici e scelte difficili per i protagonisti.

Dal punto di vista tecnico, James Cameron continua con questo terzo capitolo a spingere sull’innovazione con la stessa ambizione che ha caratterizzato l’intera saga. «Avatar: Fuoco e cenere» prosegue il lavoro di integrazione tra attori reali e ambienti digitali, affinando ulteriormente le tecniche di performance capture per restituire emozioni sempre più precise e naturali. L’obiettivo, anche questa volta, resta quello che Cameron ha inseguito per tutta la sua carriera: trasformare ogni nuovo capitolo di «Avatar» in un’esperienza cinematografica totale, capace di unire racconto, spettacolo e innovazione tecnologica in un’unica, grande visione.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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