Edoardo Leo al Moretto: «Una delle scene più intense della mia carriera»
«Il cinema è un posto incredibile: entri, trovi la gente che piange e sei contento. È una sensazione strana, ma è la magia di questo mestiere». Con queste parole Edoardo Leo ha salutato ieri il pubblico del Cinema Moretto, dove con il regista Alessandro Aronadio ha presentato il nuovo film «Per te», che segna una nuova tappa della loro collaborazione dopo «Io c’è» ed «Era ora». Una serata intensa e partecipata, in cui il pubblico ha dialogato con i due autori – intervistati da Enrico Danesi – di un’opera che affronta la perdita della memoria non come malattia, ma come occasione per ritrovare l’essenza dei legami familiari.
Il film
Liberamente ispirato al libro «Un tempo piccolo» di Serenella Antoniazzi, madre del vero Mattia Piccoli, «Per te» racconta la storia di Paolo, un uomo poco più che quarantenne colpito da Alzheimer precoce, e del figlio che si prende cura di lui con dedizione e amore. Edoardo Leo interpreta Paolo con sensibilità e misura, mentre Teresa Saponangelo è la moglie Michela e il giovane Javier Francesco Leoni, al debutto, è Mattia, il bambino che diventa il punto di riferimento del padre in un’inversione dei ruoli tanto dolorosa quanto umana.
Un racconto fatto di gesti minimi e dettagli che mostrano il lento scivolare della mente e l’ostinazione dei sentimenti nel restare: Aronadio restituisce la quotidianità di una famiglia travolta da una diagnosi e la possibilità di ritrovare in essa un’occasione di rinascita. Alla base c’è una storia vera che ha commosso l’Italia: nel 2021 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha nominato Alfiere della Repubblica il piccolo Mattia Piccoli per la dedizione con cui assisteva il padre malato.
Racconto universale
Un gesto semplice e straordinario, che Aronadio e Leo hanno trasformato in racconto universale: «Non volevo raccontare la storia della famiglia Piccoli andando pedissequamente a ricostruire la loro vita reale – ha spiegato Aronadio –. Ho chiesto la libertà di non incontrarli e di inventare la loro storia. Il film è un incontro tra dolore e immaginazione: la sfida era trovare un sorriso nel momento più tragico». E ancora: «Non è un film sull’Alzheimer, è un film sulla memoria. Non è sui malati, ma su persone che nella difficoltà trovano una risorsa. C’è una crepa in ogni cosa, è da lì che entra la luce. Per me quella luce è Mattia».
Per Leo la sfida è stata tutta nei dettagli: «I passaggi della malattia sono fatti di piccolissime cose: un passo più corto, le spalle che si incurvano, lo sguardo che si spegne. È stato un lavoro complesso, perché il film non è stato girato in ordine cronologico e ogni giorno dovevo interpretare fasi diverse».

Un impegno culminato in una scena che l’attore definisce tra le più intense della carriera: «La mia scena preferita è quella in cui Paolo confessa la malattia al figlio – ha raccontato, rispondendo alla domanda di una bambina in sala –. In quel momento non stavo recitando, ero davvero Paolo. L’abbraccio del bambino alla fine non era scritto nel copione: è stato spontaneo, ed è uno dei momenti più belli che abbia mai vissuto sul set». E anche in questa dimensione emotiva, tra lacrime e sorrisi, Leo ritrova il senso del suo mestiere: «I film sono piccoli miracoli: quando li giri non sai mai davvero cosa ne verrà fuori».
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