«Ritorno al futuro» compie 40 anni e torna al cinema

Quarant’anni fa, il 18 ottobre 1985, il mondo del cinema cambiava direzione anche in Italia. Usciva nelle sale «Ritorno al futuro» di Robert Zemeckis, scritto insieme a Bob Gale e prodotto da Steven Spielberg per la sua Amblin Entertainment. Una commedia di fantascienza che riuscì a mettere d’accordo pubblico e critica, fondendo umorismo, avventura e sentimento in un equilibrio che da allora nessuno ha più replicato. Oggi, a quarant’anni esatti da quell’autunno, la DeLorean DMC-12 torna a viaggiare nel tempo per festeggiare il suo anniversario: il 21 ottobre 2025, data simbolo per gli appassionati della saga, «Ritorno al futuro - 40esimo anniversario» verrà proiettato nuovamente in Italia. Un’occasione per rivedere sul grande schermo un titolo che non è solo un film, ma un pezzo di memoria collettiva.
Citazioni e scene indelebili
Poche opere hanno inciso così profondamente sull’immaginario popolare. «Ritorno al futuro» è diventato un linguaggio, una citazione vivente. «Strade? Dove andiamo noi non servono strade», dice il dottor Emmett Brown prima di far decollare la DeLorean in uno dei finali più iconici della storia del cinema. «Grande Giove!» è diventata un’esclamazione universale. E il paradosso di Marty McFly che suona «Johnny B. Goode» al ballo scolastico del 1955 resta una delle sequenze più amate di sempre, un ponte perfetto tra la cultura giovanile americana e la nostalgia per gli anni Cinquanta.
Zemeckis costruì un film in cui ogni elemento — la musica, gli oggetti, le battute, persino l’orologio della torre — ha un doppio significato. È un meccanismo narrativo di precisione, animato però da un’energia sinceramente umana. In un’epoca di eroi muscolari e fantascienza cupa, «Ritorno al futuro» raccontava un ragazzo normale che, senza volerlo, diventa l’eroe della propria famiglia.
La nascita di «Ritorno al futuro»
La sua nascita, però, fu tutt’altro che semplice. Zemeckis e Gale iniziarono a scriverlo nel 1980, ispirati da una domanda semplice: «Se incontrassi mio padre quando aveva la mia età, andremmo d’accordo?». Dopo più di quaranta rifiuti da parte degli studios – lo script era giudicato «troppo pulito» o «troppo familiare» per i gusti del momento – fu Steven Spielberg, allora reduce dai successi di «E.T.» e «Indiana Jones», a credere nel progetto.
Con la Universal arrivò il via libera, ma non senza ostacoli. Le riprese iniziarono nel novembre 1984 con Eric Stoltz nel ruolo di Marty McFly. Dopo sei settimane e milioni già spesi, Zemeckis si rese conto che il tono drammatico dell’attore non si adattava alla leggerezza che il film richiedeva. Fu una decisione rischiosa: Stoltz venne sostituito con Michael J. Fox, all’epoca impegnato nella sitcom «Family Ties». L’attore girava di giorno con Zemeckis e la notte in studio televisivo, dormendo poche ore a settimana. Quell’energia frenetica, però, si trasformò in uno dei segreti del suo successo: Fox divenne immediatamente il volto di un’intera generazione di spettatori.
Quando arrivò nelle sale americane il 3 luglio 1985, il film esplose come quel fulmine destinato a colpire la torre dell’orologio di Hill Valley . Con un budget di circa 19 milioni di dollari, incassò oltre 385 milioni nel mondo, diventando il più grande successo commerciale dell’anno. Restò in vetta al box office statunitense per undici settimane consecutive e ottenne quattro nomination agli Oscar, vincendo quello per il miglior montaggio sonoro. In Italia arrivò pochi mesi dopo, preceduto da un’anteprima alla Mostra di Venezia. Anche qui fu un trionfo: pubblico entusiasta, critici unanimi nel definirlo una «commedia perfetta», capace di restituire il gusto dell’avventura e la leggerezza della grande Hollywood classica. Roger Ebert, uno dei critici più stimati di sempre, lo descrisse come «una delle più perfette macchine da intrattenimento mai costruite».
Nella cultura pop
Il suo impatto andò ben oltre i confini del cinema. La DeLorean trasformata in macchina del tempo è diventata uno dei simboli più riconoscibili della cultura pop, tanto che nel 2021 l’esemplare «hero car» usato sul set è stato inserito nel National Historic Vehicle Register degli Stati Uniti. La saga oltre ad altri due film che compongono l’indimenticabile trilogia (la seconda parte è uscita nel 1989, la terza nel 1990) ha ispirato decine di parodie, omaggi e citazioni in serie televisive, videoclip musicali e videogiochi. Persino la data del 21 ottobre 2015, quella in cui Marty e Doc viaggiano nel futuro nel secondo capitolo, è diventata un fenomeno globale celebrato ogni anno dai fan. Nel 2007 il film è stato selezionato dalla Library of Congress per il National Film Registry come opera «culturalmente, storicamente e artisticamente significativa». In altre parole, un classico a pieno titolo.

Ma la forza di Ritorno al futuro non risiede solo nella nostalgia. È un film che parla ancora al presente: racconta il sogno di cambiare il proprio destino, l’importanza delle scelte e del coraggio di affrontare i propri errori. Dietro la leggerezza della commedia si nasconde una riflessione sul tempo come possibilità, sull’idea che ogni generazione può riscrivere la propria storia. E questo, forse, spiega perché dopo quarant’anni continua a essere amato da genitori e figli, spettatori di epoche diverse che trovano nel film la stessa emozione.
Al cinema
Per celebrare questo anniversario, «Ritorno al futuro - 40esimo anniversario» come detto torna ora al cinema in una versione restaurata in 4K. Il 21 ottobre, in tutta Italia, sarà l’occasione per risalire sulla DeLorean e rivivere la magia del viaggio nel tempo. Anche Brescia partecipa al raduno con la proiezione speciale al Cinema Oz, che offrirà due spettacoli (alle 19.00 e alle 21.30) . Un modo per dire che, a quarant’anni di distanza, le strade forse non servono più davvero, ma l’emozione del cinema, quella sì, continua a portarci lontano.
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