Chiara Valerio: «Introspezioni e desideri in un paese di misteri»

«Credo che la chiave del romanzo sia nelle due frasi d’apertura: "Chi colleziona oggetti tende a collezionare persone", e "è impossibile controllare tutto". Ma sono molto vere anche le frasi di Mara: "La roba ti fa diventare roba"; oppure: "Rovina le famiglie l’incapacità di accettare che quelli che ami cambino"». La scrittrice Chiara Valerio accenna al suo 13° romanzo «Chi dice e chi tace» (Sellerio, 276 pp., 15 euro), racconto introspettivo tra logiche esistenziali e rievocazioni ambientali in un contesto paesano disponibile alle novità anche se curioso e pettegolo. Uno spaccato che illumina le ombrose anime dell’amore.
Finalista al 78° Premio Strega, Chiara Valerio, una delle più agguerrite scrittrici delle nuove leve italiane, è nella "sestina" con Donatella Di Pietrantonio, in testa con «L’età fragile», (Einaudi), 248 voti; e con: Dario Voltolini, «Invernale» (La nave di Teseo), 243 voti; Paolo Di Paolo, «Romanzo senza umani» (Feltrinelli), 195 voti; Raffaella Romagnolo, «Aggiustare l’universo» (Mondadori), 193 voti; Tommaso Giartosio, «Autobiogrammatica» (minimum fax), 126 voti. Il Premio avrà il suo epilogo il 4 luglio a Roma, a Villa Giulia, con diretta su Rai 3.
«Il mio - dice la Valerio - è un romanzo di introspezioni, alla ricerca delle risorse umane che sono alla base del sentimento». La storia: a Scauri, paese sul mare ai confini del Lazio (poco più di 7mila anime, che d’estate diventano 50mila), Vittoria era arrivata vent’anni prima, negli anni Settanta, con una ragazza molto più giovane, Mara, che si pensava fosse sua figlia. Pian piano, dopo aver acquistato una casa e una barca, Vittoria e Mara s’integrarono nel tessuto urbano d’una terra votata all’accoglienza, anche se una «diceria carsica» cospirava intorno alle due donne. Vittoria era aperta, sorridente, soccorrevole, lavorava in una farmacia, giocava a carte con gli uomini al bar, sapeva districarsi in ogni situazione, amava il mare.
Ma quando muore, annegata nella vasca da bagno (malore, suicidio o altro?) Lea - giovane avvocato locale, marito e due figlie, simpatie politiche a sinistra, ritratto d’una società quasi patriarcale - è scossa dalla scomparsa della donna. Lea ha sempre ammirato Vittoria per il suo carattere giovale, la sua indipendenza, per quel fascino inspiegabile che emanava da lei come un nettare ubriacante. Si sente compresa in una sorta di plagio emozionale suscitato da una perdita, della quale solo ora sente tutta la mancanza, turbata da una consapevolezza che tace a se stessa. E decide di indagare, per sapere chi fosse veramente la donna venuta da Roma. L’incontro con l’avvocato di un ragazzo in vacanza, denunciato dal suo cliente (un adolescente locale, per lesioni riportate in una rissa), schiuderà a Lea le porte di tante segrete, nelle quali troverà le incoerenze, le spiegazioni e le tante motivazioni degli affetti. Abbiamo intervistato Chiara Valerio.
Cosa stimola, secondo lei, la curiosità quasi morbosa che alimenta i pettegolezzi locali?
«Quando ero bambina, a Scauri tutti si preoccupavano moltissimo di ciò che diceva la gente. E percepivo una separazione tra la vita pubblica e la vita privata. I panni sporchi si lavavano in famiglia, e quando si usciva si indossava il vestino della festa. Su questa separazione tra pubblico e privato - che tanto è stata criticata e rimaneggiata da movimenti di liberazione - si fonda l’interesse morboso per i pettegolezzi locali. Come Lea intuisce, solo una profonda disattenzione alla differenza tra pubblico e privato, può aiutarci».
Vittoria è solo un’anticonformista, o più semplicemente una donna coraggiosa, che vive la vita che più le aggrada?
«Vittoria è un personaggio in cui tutte e tutti possono identificarsi, anche perché tutte e tutti, volendo fare il bene, talvolta esercitano, senza accorgersene, solo il controllo. E il possesso. Il romanzo racconta gli incroci di tante vite».
È una sorta di compromesso, quello della comunità di Scauri, che accoglie Vittoria anche se viveva fuori da regole stabilite?
«La accolgono, perché fa loro comodo. La accolgono, perché è pittoresca. La accolgono, perché - nonostante venga solo da Roma - sembra che arrivi da un altro mondo. E come si scoprirà, questo altro mondo da cui viene Vittoria - che a Scauri chiamano Costantinopoli, per via di un’acacia nel giardino - sono i soldi».
I turbamenti di Lea: inconscia assimilazione, desiderio represso?
«Lea capisce che la vita degli altri, di Vittoria in particolare, è un modo per comprendere la propria. Non rinnega la sua vita familiare o sociale, ma aggiunge una dimensione, e questa dimensione è il desiderio. E il desiderio è scomodo».
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