Chiara Frugoni e l’arte di far vivere la storia, nel nome di Francesco

È un’occasione preziosa per ascoltare ancora una volta la voce di Chiara Frugoni, la studiosa del Medioevo di fama internazionale, molto legata al Bresciano, morta due anni fa. Il libro «Raccontare le immagini. Dialoghi sui miei libri» (Scholé, 144 pagine, 15 euro), in libreria da venerdì 24 maggio, raccoglie interviste a Chiara Frugoni pubblicate sul Giornale di Brescia dal 2014 al 2022, quasi tutte realizzate da Paola Carmignani, curatrice della pubblicazione.
Come testimonia la breve introduzione, appare in filigrana anche la storia di un rapporto molto amichevole, consolidatosi nel tempo, tra una giornalista capace di avvicinare i suoi interlocutori con la giusta discrezione e la «grande storica e impareggiabile divulgatrice», che ha di certo percepito l’amore «francescano» per la cultura da cui era animata l’intervistatrice.
Da Francesco a San Francesco
Proprio da Francesco prendono avvio queste conversazioni. Il 13 marzo 2014, a un anno dall’elezione di papa Francesco, la studiosa accetta – dopo qualche esitazione – di parlare del nuovo papa pensando al santo di Assisi, al quale è più volte ritornata con studi fondamentali. Qui e in altre interviste (una di esse è firmata da Giovanna Capretti), Frugoni tratteggia con passione la figura del “suo” san Francesco, distante da molti stereotipi affermatisi nella visione comune. Un uomo che «amava la povertà come libertà della mente», il cui progetto «si rivolgeva allo stesso modo alle donne e agli uomini»; maestro di tolleranza «ben addentro ai problemi della società», dedito «all’ascolto, alla comprensione, al dialogo».
Gli articoli sono quasi sempre connessi alla pubblicazione di libri della studiosa. Pur nello spazio limitato di un’intervista, Carmignani si è impegnata a riprodurre il «bell’italiano» di Chiara Frugoni, la «costruzione elegante» delle sue frasi, con le quali «avvolgeva di musica, di gioia e di passione i contenuti». Lei stessa afferma: «Ho sempre cercato di scrivere nella maniera più semplice, per appassionare altre persone alle cose alle quali io mi ero tanto appassionata».
Storia e arte
Si comprende anche il suo metodo di analisi, nel quale la lettura delle immagini riveste un ruolo decisivo. Alle «Storie di san Francesco» nella basilica di Assisi, al ciclo pittorico di Ambrogio Lorenzetti nel Palazzo pubblico di Siena, alle molte «Danze macabre» affrescate sul Sebino e nelle sue vicinanze, Frugoni ha dedicato indagini dettagliate che hanno prodotto nuove scoperte e interpretazioni, qui accennate con un linguaggio sempre chiaro.
A Brescia e al lago d’Iseo si riferiscono molti spunti biografici presenti nelle interviste. Ricorrente è il ricordo del padre Arsenio (1914-1970), anch’egli autorevole studioso di storia medievale e legato alla nostra città, dove abitò a lungo, insegnò al Liceo Arnaldo e fu tra l’altro in ottimi rapporti con Giovanni Battista Montini, il futuro papa Paolo VI. A Solto Collina, nell’entroterra bergamasco del Sebino, sorge la casa della famiglia materna (il nonno Serafino Chiappa era un notaio bresciano) in cui la studiosa trascorse molte estati.
I legami bresciani
Parlando del libro autobiografico «Perfino le stelle devono separarsi», Frugoni ricorda la sua infanzia a Brescia, vissuta in condizioni austere («L’unico lusso era il palco al Teatro Grande: mi piaceva tanto andare all’opera»), e ritrova anche nella storia della sua famiglia il riflesso dell’idea di brescianità intesa «come religione del lavoro e come moralità e calvinismo».
Il rapporto con il padre determinerà le scelte della giovane Chiara: «A 15 anni – racconta – lo portavo in giro con la Lambretta per la Valle Camonica in cerca di affreschi, mentre studiava la Danza macabra di Clusone». Lei stessa dedicherà un saggio agli affreschi dell’oratorio dei Disciplini: «Mi ha fatto molto piacere – dichiara in quell’occasione – ricongiungermi idealmente a mio padre». A quest’uomo «rigoroso, con una grande tempra morale», la studiosa attribuisce anche l’«attenzione pionieristica per il valore delle immagini», da lei ereditata e portata a livelli altissimi.
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