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Vecchioni: «Cento romanzi all’anno non me li toglie nessuno»

Enrico Danesi
Il cantante si racconta dopo l’uscita del suo nuovo libro e prima dei due concerti bresciani in città e a Edolo
Il cantante Roberto Vecchioni
Il cantante Roberto Vecchioni
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Il professore della musica italiana di nuovo in concerto a Brescia, ma anche in libreria con «L’orso bianco era nero», volume uscito il 25 marzo per Piemme Edizioni, in cui ha messo tutto il suo amore per la parola scritta.

Milanese con ascendenze napoletane, Roberto Vecchioni ha acquisito il titolo attraverso decenni di insegnamento nei licei, anche della nostra città e provincia, e nelle università, offrendo in parallelo un contributo decisivo alla crescita della canzone d’autore nel Belpaese.

È atteso al Teatro Clerici giovedì 17 aprile per una nuova tappa di «Tra il silenzio e il tuono Tour» in cui è accompagnato dalla sua band «storica»: Lucio Fabbri (pianoforte e violino), Massimo Germini (chitarra acustica), Antonio Petruzzelli (basso) e Roberto Gualdi (batteria).

Noi gli abbiamo chiesto di libri, canzoni e altro.

Roberto, cominciamo con il libro: vero che ha la missione di farci innamorare della parola?

Vero. Ma il libro a che fare con la linguistica come io assomiglio a un orso bianco o se preferite nero... Volevo parlare della parola, unica vera invenzione umana, in maniera non accademica perché altrimenti avrei rotto le scatole ai lettori. Ma non volevo nemmeno affrontare una scienza (un’arte) meravigliosa in maniera troppo popolare, perché avrei rotto le scatole ai linguisti. Era difficile trovare una via di mezzo, un equilibrio, ma ci ho provato. Ho immaginato di riprendere tutte le cose segnate in 80 anni d’amore per la materia, raccolte in centinaia di fogli accumulati nel tempo e le ho messe insieme in una specie di guazzabuglio, di florilegio, come piace a me, senza una struttura precisa. Puntando soprattutto sull’etimologia, che fa comprendere come la lingua sia vivissima, frutto di tanti sforzi e incontri. Se in Europa abbiamo pensieri comuni o comunque simili, è anche perché abbiamo un parlare comune, gli idiomi vengono più o meno tutti da uno stesso ceppo linguistico. Senza dimenticare che anche altre culture, con lingue diverse, sono belle.

Il nuovo libro di Roberto Vecchioni
Il nuovo libro di Roberto Vecchioni

A proposito di libri: anni fa mi disse che gli autori che non ha mai accantonato, da lettore più ancora che da insegnante, sono quelli che hanno indagato a fondo l’umano: dunque tutta la grecità, la poesia latina; Tasso, Shakespeare e Marlowe, Goethe e i romantici, Leopardi; infine, lo straordinario Novecento, da Pirandello a Borges, con tutto quello che c’è in mezzo. Continua ad evitare gli scrittori degli anni Duemila?

Autori italiani di questo secolo ne ho letti parecchi, anche perché da quando siedo in giuria al Premio Campiello, cento romanzi all’anno non me li toglie nessuno. Ci sono anche scrittori notevoli, ma niente che possa paragonarsi al Novecento, in cui la letteratura ha raggiunto vette altissime. Il Secolo breve è stato un secolo di grandi trasformazioni e questo ha certamente influito, mentre il XXI è come addormentato, difficile trovare qualcosa di nuovo, tantomeno capolavori.

La letteratura può essere un faro in quest’epoca con pochi punti di riferimento?

Possiamo leggere bene e quanto vogliamo, andare a teatro e al cinema, ascoltare tutta la musica più bella. Ma poi comandano tre-quattro persone che vogliono distruggere il mondo.

Parliamo del live.

È uno spettacolo di canti e monologhi. La prima parte è giocata sull’ultimo disco («L’infinito», ndr) e sui personaggi che hanno battuto il destino, combattuto il male e amato la vita, gli altri e se stessi. La seconda parte, invece, è una specie di ritorno, uno sguardo sul passato con le canzoni di prima. Ma riportando poi tutto ad unità.

Negli ultimi anni, è come se avesse trovato una formula magica: i suoi concerti sono pieni di sentimento, il pubblico gradisce anche più che in passato. Lo percepisce, dal palco?

Dopo un periodo più «scazzato», c’è stata una rinascita attraverso un entusiasmo generato da molti elementi: l’aver superato le cose negative che mi giravano intorno, l’amore straordinario che mi hanno dato mia moglie e i figli, il pensiero che l’idealismo non è morto (cosa di cui avevo dubitato), un certo afflato religioso che effettivamente mi ha aiutato moltissimo. Mi sono caricato, consapevole che un concerto non è solo canzoni, ma coinvolgimento del pubblico. Sul palco ora mi sento forte, pieno di entusiasmo.

I personaggi delle sue canzoni, da Milady a Rimbaud, dal bandolero stanco ad Aiace, da Van Gogh a Saffo, contengono ciascuno qualcosa di Roberto Vecchioni. Qualcuno più degli altri?

Tutti contengono qualcosa, o molto, di mio. Li stravolgo, li romanzo, per poter raccontare un modo di essere, di vivere, di porsi davanti alla vita. Vado per antonomasia, perché se parlassi di un Tizio qualunque non capirebbe nessuno. Guardare ai personaggi cogliendo la parte che mi assomiglia, mi consente anche di esprimermi in prima persona, cosa che mi viene meglio e mi emoziona di più.

Ha sempre avuto parole dolci per Brescia e la sua provincia, dove mantiene una casa (a Barcuzzi di Lonato). La conosce tutta?

Abbastanza, e i laghi di Garda e d’Iseo in particolare, che sono diversi come il bianco e il nero. Mi piacciono i bresciani: non sono sproloquioni, non sono fasulli e sono capaci di lavorare come pochi. Un po’ chiusi forse, ma non è necessariamente un difetto, perché quando si aprono sanno farlo molto bene. 

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