Battiston a Odolo per parlare di AI: «Non prenderà il sopravvento»

Anita Loriana Ronchi
Il professore ed esperto di Intelligenza artificiale Roberto Battiston sarà ospite domenica a Odolo per «Cult-Cura Festival»: illustrerà vantaggi e pericoli della nuova tecnologia generativa
Roberto Battiston, docente esperto di Intelligenza artificiale
Roberto Battiston, docente esperto di Intelligenza artificiale
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L’Intelligenza artificiale, ovvero un tema di grandissima attualità che incuriosisce, affascina, coinvolge. E che ha rivoluzionato la nostra quotidianità, anche se spesso non ce ne accorgiamo. Pensiamo soltanto ad Alexa, che ci dà la sveglia la mattina, o a Siri che interpelliamo sul nostro smartphone.

Eppure la percezione della nuova tecnologia rimane ammantata da un’aura di mistero, se non di preoccupazione che «la macchina» possa soppiantare l’uomo. Ebbene, non è così, almeno non come lo immaginiamo.

A spiegarlo e ad accendere il focus sull’Intelligenza artificiale e sulle sfide del futuro ad essa connesse sarà, domenica 1 settembre 2024, il noto fisico, divulgatore scientifico e saggista Roberto Battiston, ospite a Odolo per la terza edizione del Cult-Cura Festival.

L’appuntamento è alle 20.45 nel cortile del Municipio; a intervistare il professore sarà il giornalista Stefano Martinelli del Giornale di Brescia. Professore ordinario di Fisica sperimentale all'Università di Trento, Battiston è fra i maggiori esperti di Intelligenza artificiale, di cui aiuta a comprendere i grandi benefici ma anche i rischi e gli interrogativi da risolvere. La sua carriera è ricca di riconoscimenti internazionali; dal 2014 al 2018 è stato presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) ed è il secondo italiano ad essere stato inserito nella Hall of Fame dell’International astronautical federation. Per l'occasione, dalle 18.30, sarà possibile visitare il Museo del Ferro con il maglio in funzione. L'ingresso è libero e l'incontro si terrà anche in caso di maltempo, negli spazi del Museo del Ferro.

Professor Battiston, può circoscrivere i termini del problema?

Oggi ci concentriamo soprattutto sull’Intelligenza artificiale chiamata generativa, che conosciamo con ChatGpt e tutte le altre varianti di questa modalità di interagire, basata su algoritmi. Un metodo di interrogazione del web che si è rivelato molto efficiente, che usa un linguaggio naturale ed è talmente facile da essersi diffuso massicciamente in tempi brevi ed aver raggiunto ormai tutte le applicazioni, anche se non ce ne rendiamo conto. Va specificato che la traduzione italiana di Artificial intelligence è un po’ fuorviante, in quanto in inglese il termine «intelligence» sta ad indicare la «raccolta dati».

In effetti, gli algoritmi utilizzano una raccolta dati di dimensioni mostruose, che, però, non è altro che il prodotto degli esseri umani immesso in rete negli ultimi 20-25 anni, da cui vengono estratte correlazioni linguistiche che, riportate nelle domande al terminale, danno l’impressione di avere a che fare con qualcosa che sa rispondere sensatamente, quindi qualcosa di simile all’essere umano. In realtà, si tratta di una «summa» di risposte a domande analoghe fatte da persone come noi in contesti differenti.

Qual è allora l’effettivo contributo degli algoritmi impiegati dall’Ia?

Gli algoritmi sono molto potenti, ma anche stupidi allo stesso tempo. Con un pizzico di programmazione addizionale, si è riusciti a renderli un po’ suadenti, ricreando l’illusione di rapportarci ad una specie di servitore accondiscendente che risponde anche a quesiti molto complessi ed argomentati. Vediamola in questo modo: ChatGpt ha l’intelligenza di un rastrello che, se appeso a un muro non vale a nulla, ma se viene usato da un contadino intelligente è molto utile. Noi non vediamo quello che sta dietro, ma se capiamo quali sono i fondamenti, possiamo realizzare che l’Ia rappresenta un’illusione, ma anche un grande strumento di cui, una volta liberatici da stereotipi e pregiudizi, possiamo iniziare a pianificare l’utilizzo. Una tecnologia così flessibile da poter essere applicata ad una molteplicità di ambiti e da consentirci un rapido accesso ordinato a musica, testi, immagini, data base… Una sorta di dizionario Treccani facilmente consultabile, ma se non ci fossero stati pittori, scrittori, musicisti etc. tutta questa algoritmica non servirebbe assolutamente a niente.

Sembra di capire che il timore di non poter governare la tecnologia sia infondato...

Pensare che possa prendere il sopravvento è da escludersi. È come la clava dei nostri antenati: si può dare una bastonata a un animale per la caccia, ma anche darla in testa a una persona. Parliamo sempre di una tecnologia e, come tutte le tecnologie, si può caricare di valori positivi o negativi a seconda di chi la programma. Ci sono grandi potenzialità, per esempio nelle applicazioni climatiche, nella complessità della scienza, per la ricerca di nuovi medicinali o la possibilità di far svolgere lavori inutili e degradanti alle macchine. Per contro, se eserciti l’Ia su un data base razzista, per andare sul dark web o puntare ad azioni illegali, allora si può amplificare la capacità di fare del male. Dietro c’è sempre la volontà umana, l’idea che una tecnologia basata su dati preesistenti possa svilupparsi da sola è falso.

Come scongiurare gli eventuali pericoli?

È l’eterna lotta tra il bene e il male. Alla fine però bisogna fare un bilancio: se pensiamo di dover combattere un’entità soprannaturale che ci rende schiavi, non ha senso, ma se comprendiamo che agli estremi dell’algoritmo c’è un essere umano come produttore o come utente, possiamo trarne vantaggio per tutti.

È importante partire dalla scuola, insegnare ai ragazzi ad utilizzare gli strumenti: la società cambia quando cambiano l’educazione e la formazione delle nuove generazioni.

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