Arte

Domenico Vantini, il ritratto come esempio di virtù civiche

Giovanna Galli
In Ateneo l’esito degli studi di Bernardo Falconi e Anna Maria Zuccotti. Oggi l’inaugurazione della mostra dedicata al pittore, padre dell’architetto Rodolfo
Autoritratto di Domenico Vantini
Autoritratto di Domenico Vantini
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Ci sono artisti che restano a lungo nell’ombra, pur avendo lasciato un segno profondo nel tessuto culturale della loro città. È il caso di Domenico Vantini (Brescia, 1764-1821): pittore e miniatore raffinato, uomo colto ed eclettico protagonista delle trasformazioni politiche e sociali tra fine Settecento e inizio Ottocento.

A riportarlo sotto la giusta luce è l’Ateneo di Brescia che, in occasione della pubblicazione della prima monografia a lui dedicata – firmata dagli studiosi Bernardo Falconi e Anna Maria Zuccotti – «Domenico Vantini. Pittore di figura e di miniatura» (Ateneo di Brescia - Scripta Edizioni), propone anche una mostra, contenuta ma eloquente, che sintetizza la vicenda artistica e umana di questo protagonista del Neoclassicismo bresciano. La presentazione del volume, con un intervento dello storico Valerio Terraroli e alla presenza degli autori, e la contestuale inaugurazione della rassegna sono in programma oggi, venerdì 5, alle 17 nella sede dell’Ateneo di via Tosio 12.

La mostra

In una ventina di opere, tra dipinti, acquerelli e miniature, realizzate da Vantini tra il 1794 e il 1819, si documentano gli esiti di un’attività artistica non particolarmente prolifica, ma di eccellente qualità, soprattutto nel campo della ritrattistica. Formatosi giovanissimo all’Accademia del Nudo di Santo Cattaneo e perfezionatosi con Giuseppe Bottani a Mantova, il pittore si distinse infatti in questo ambito espressivo, cui si dedicò con perizia sia nel grande formato quanto nelle preziose miniature su avorio, con uno stile elegante e calibrato.

Il ritratto di Antonio Canova di Domenico Vantini
Il ritratto di Antonio Canova di Domenico Vantini

Cuore dell’esposizione - anticipano i curatori - sono i quattro dipinti della collezione dell’Ateneo, tra cui il ritratto ad olio su tavola di Antonio Canova (copia da Giuseppe Bossi) che Vantini donò all’istituzione nel 1814 in occasione della sua nomina a socio. Con quel gesto volle inaugurare una galleria di uomini illustri che fungesse da esempio per le generazioni future: una raccolta di ritratti ideali che negli anni si arricchì, anche grazie ad altri suoi contributi, come le effigi di Agostino Gallo e del conte Gianmaria Mazzucchelli.

Accanto a questi si ammirano miniature di preziosa raffinatezza, come la «Giovane donna con foglio di musica e coroncina tricolore» e opere più intime come l’«Autoritratto al cavalletto» (1812, olio su rame). Dello stesso anno è l’acquerello con il ritratto di Vantini realizzato dal francese Sergent-Marceau. E ancora la tenera effigie del figlioletto Rodolfo, il futuro grande architetto, e la «Madonna col Bambino e San Giovannino» proveniente dal Museo Lechi di Monichiari.

Se la mostra consente di ammirare da vicino prove significative della sua produzione, la monografia entra nelle pieghe di una vicenda complessa, che non fu, come già detto, soltanto artistica. Vantini, infatti, fu anche antiquario, restauratore, impresario edile, collezionista raffinato e animatore della vita culturale cittadina. Seppe muoversi con intelligenza tra i rivolgimenti del suo tempo, dal giacobinismo all’età napoleonica, fino alla Restaurazione. Fu uomo di vasta cultura, capace di intrecciare rapporti con personalità illustri come Antonio Canova, Ugo Foscolo, Giacomo Carrara, Leopoldo Cicognara. A lui si deve, nel 1798, l’inventario delle principali opere d’arte di proprietà pubblica esistenti a Brescia, della raccolta dei dipinti presenti nelle chiese e del recupero dei monumenti antichi dispersi sul territorio per la formazione di un Museo lapidario.

Il volume di Falconi e Zuccotti - frutto di oltre trent’anni di studi e ricerche - ricostruisce questa storia con un ricco apparato di fonti, lettere e confronti critici, andando a colmare una significativa lacuna nella bibliografia storiografica bresciana, come sottolinea Sergio Onger, presidente dell’Ateneo. Insieme, libro e mostra restituiscono a Brescia non solto un artista talentuoso, ma un intellettuale capace di leggere con acume il suo tempo e di anticipare la modernità dell’artista come figura pubblica, al crocevia tra arte, politica e cultura. La mostra resterà visitabile fino al 16 novembre, solo su prenotazione (info: 03041006, www.ateneo.brescia.it).

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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